Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Purtroppo non accenna a diminuire la forte tensione che si registra nelle industrie del Veneto. La situazione è a dir poco al collasso. Numerose sono le grandi, medie e piccole aziende che hanno posto in cassa integrazione i propri dipendenti.
Il presidente Finozzi, durante lultimo consiglio regionale, ha sostenuto che dalla crisi si può uscire. Bisogna comunque monitorare con attenzione tutto il movimento del mercato lavoro e ha reso noti gli strumenti approntati dalla Regione come il CREL (conferenza regionale sulle dinamiche economiche del lavoro) e gli interventi finanziari a sostegno dei Consorzi, per quanto riguarda i fidi alle piccole e medie imprese, contenuti nella finanziaria 2009, approvata tra laltro nei tempi necessari, proprio per fare fronte alla crisi.
Lo stesso rappresentante degli industriali Tomat, ha tenuto a precisare che il calo demografico ha reso la regione ad alto rischio invecchiamento. Bisogna quindi riuscire a individuare dove manca la mano dopera e dove essa è in esubero. Questo avverrebbe attraverso la riqualificazione professionale, la riduzione della spesa pubblica e lazione di fiducia da parte delle banche. I cittadini hanno bisogno anche di questo e di politiche credibili, ha aggiunto Tomat.
In conclusione, è la buona politica che deve funzionare per uscire dallo stallo. Non servono le manie di grandezza solo per far salire lindice di gradimento. Servono invece scelte certe che portino a dei risultati, anche con un piccolo passo per volta, probabilmente strategia più gradita ed indicatrice di serietà.
E la sicurezza a tenere banco tra gli abitanti del Veneto. Il sondaggio effettuato dal quotidiano il Gazzettino rivela che Padova ha il triste primato, con il 69,8% di voti, come città meno sicura del nord est. Pare che la città opulenta, ricca di arte e cultura, dei salotti bene e del lavoro, non sia più riconosciuta come tale. Troppi gli episodi di violenza perpetrati a danno dei più deboli. I cittadini si sentono insicuri e privi di protezione, lamentano controlli che non ci sono e si ha persino paura di stare nelle piazze (solitamente luogo di ritrovo affollato dai ragazzi).
Eppure non molto tempo fa il ministro Maroni aveva sostenuto che con larrivo e il sostegno dato dallesercito, la situazione era migliorata. Vuol dire che bisogna ricredersi? Se si pensa che comunque la nuova finanziaria ha tolto un milione di euro alle forze dellordine e in cinque anni è già previsto il taglio al personale, come si spera di avere la sicurezza di cui cè bisogno?
E pur vero che in Francia il personale di polizia è inferiore al nostro, ma linsicurezza non è ai livelli dellItalia. Questo governo dice di voler fare tanto e questo è lodevole, ma i risultati non confermano le buone intenzioni. A Treviso si è pensato alle ronde tra volontari consiglieri e assessori. Così si torna indietro di sessantanni! Per i più sono gli stranieri, specialmente i clandestini, che determinano questo malcontento.
Comunque non cè niente per cui gioire. Lo Stato con tutti i suoi interessi privati, e quei conti chissà come mai quadrano sempre, sta lasciando da soli i cittadini e spesso ha contestato le posizioni assunte dai Comuni per far fronte a questo tipo di urgenze. Ma allora qual è il comportamento da assumere? Bisogna difendere la dignità umana o lasciare che ognuno si faccia giustizia con le proprie mani?
E' stato un libro di successo quello di Rizzo e Stella, La Casta. Ha venduto molte copie e suscitato numerosi dibattiti. I costi, gli sprechi ed i privilegi della casta dei politicanti hanno animato la coscienza di molti. Noi CITTADINI ATTIVI, molto prima di Rizzo e Stella, ne avevamo denunciato, sul nostro sito web www.cittadiniattivi.it, e continueremo a farlo - fatti e misfatti convinti che solo l'adozione di un principio di sobrietà nella politica potrà recuperare questo nostro Paese ad un livello di moralità pari a quello esistente ai tempi dei nostri padri costituenti. Infatti nel 2008 le spese correnti di Palazzo Madama sono salite di quasi 13 milioni rispetto al 2007 per arrivare ad oltre 570 milioni di euro, 1 milione e 772.000 euro a senatore con un aumento del 2,20%, nettamente sopra all'inflazione programmata del 1,7%. E' cambiato qualcosa? No, anzi... Qualcuno si è indignato? Nessuno.
Durante la recente campagna elettorale il diktat era: aboliamo le province, centri di costo inutili che oggi costano circa il 65% in più di otto anni fa. Oltre cento anni dopo la prima proposta di abolizione delle province, presentata dall'allora deputato Gesualdo Lambertini, oggi invece assistiamo alla probabile creazione delle nuove province di Sibari, Sala Consilina, Pinerolo, Aversa, Civitavecchia ecc. E' cambiato qualcosa? No, anzi... Qualcuno si è indignato? Nessuno.
Nell'ultimo numero de La Voce, denunciavamo quanto riportava l'Alto Commissario Anticorruzione nella sua relazione annuale: la corruzione - nel nostro Paese - si considera diffusa in modo capillare anche dopo Mani Pulite e con tendenza addirittura ad accrescersi a tal punto che il nostro è un Paese nel quale è prassi comune il pagamento di tangenti. E' cambiato qualcosa? No, anzi... Qualcuno si è indignato? Nessuno.
Solo pochi giorni dopo l'uscita de La Voce, il presidente della Corte dei Conti, nella sua relazione annuale per l'apertura dell'anno giudiziario, definisce l'Italia uno tra i Paesi più corrotti al mondo, tra i peggiori nelle classifiche ufficiali relative a questo fenomeno. Accade, invece, che il ministro della Funzione Pubblica del penultimo governo, dispose di limitare la pubblicazione delle retribuzioni dei consulenti di enti pubblici solo agli incarichi il cui compenso superava i 289.984 euro ovvero lo stipendio annuo del primo presidente della Corte di Cassazione (!) mentre, recentemente, è stata emanata una norma con la quale si è esclusa la responsabilità di amministratori, componenti del collegio sindacale e dirigenti preposti alla redazione di documenti contabili di Alitalia per fatti successivi al 18 luglio 2007, giorno in cui fallì la gara avviata dal precedente governo. Decisioni, queste, che hanno calato una cappa di silenzio su dati che, secondo la legge, avrebbero dovuto invece essere comunicati al pubblico. E' cambiato qualcosa? No, anzi... Qualcuno si è indignato? Nessuno.
E su questo piano potremmo continuare con altri esempi e citazioni. Quello che appare oggi chiaro è che ci troviamo di fronte ad un Paese ripiegato su sé stesso, incapace di indignarsi, assuefatto. Un Paese che si sta abituando a convivere con le ruberie, il malaffare, i privilegi, le cose che non funzionano, la corruzione, la raccomandazione, l'intolleranza, la criminalità. Un Paese incapace di reagire come se la patologia fosse ormai la norma, l'eccezione fosse la regola. Ma acquiescenza e rassegnazione sono spesso segnali di un Paese in declino.
Caro Direttore,
leggo oggi sul Suo quotidiano l'intervento di Elio Armano, apprezzato politico di lunga data, che definisce un suicidio indire le primarie per scegliere il candidato a presidente della Provincia di Padova. Dire che questa dichiarazione ha lasciato noi, liberi ed attenti osservatori della politica, esterefatti è dir poco.
Salvo errore, l'art. 20 dello statuto del Partito Democratico, approvato dalla Costituente il 28.2.08, così recita: ”...qualora il Partito Democratico stipuli accordi pre]elettorali di coalizione con altre forze politiche in ambito regionale e locale, i candidati comuni alla carica di Presidente di Regione, Presidente di Provincia o Sindaco vengono selezionati mediante elezioni primarie aperte a tutte le cittadine ed i cittadini italiani che alla data delle medesime elezioni abbiano compiuto sedici anni...”.
Il PD infatti si caratterizzò all'opinione pubblica per la dichiarata volontà di volersi avvalere delle primarie per rinnovare la classe politica italiana avviando così il ricambio generazionale. Tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso, dovevano riposizionarsi ai blocchi di partenza e poi...che vincesse il migliore! Ora a Padova accade che il candidato Sindaco è scelto, dal centrosinistra, per acclamazione ed il Sig. Armano propone analoga strategia per il candidato Presidente.
Se, come recita lo statuto, tutti i cittadini possono candidarsi alle primarie, perché si definiscono “archeologiche” le candidature alternative a quella di Ivo Rossi? Perché si demonizzano gli esiti delle primarie di Monselice e Ponte San Nicolò? Perché si definisce “brutta storia” l'esercizio di una democratica partecipazione dal basso giudicata un gioco irresponsabile, cinico ed avverso alla democrazia? Perché mortificare i candidati, che intendono la politica come servizio e non come professione, con l'appellativo di “dilettanti allo sbaraglio che giocano a fare i generali”?
Ivo Rossi, a Padova, si è molto impegnato nella realizzazione del tram. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e, in una libera competizione, saprà confermare il suo valore. A mio modesto parere queste riflessioni anziché rafforzarlo, lo indeboliscono come deboli sono tutte le candidature imposte dall'alto. Credo invece che il PD non abbia ancora ben compreso che la crisi di consenso è soprattutto riconducibile alla delusione per la mancanza di coraggio nel voler mantenere fede ai principi (le primarie) fondanti la sua nascita. Ma, purtroppo, come sempre accade in questi casi, il coraggio o ce l'hai o non te lo puoi dare...
Non si contano gli anni da quando sono iniziati i lavori per lammodernamento di questo tratto autostradale. Purtroppo è diventato anche tristemente noto per gli ultimi episodi verificatisi. Lallarme era stato lanciato già molto tempo prima dal Presidente dellOrdine dei Geologi della Calabria, Paolo Cappadona. Il dissesto idrogeologico del territorio calabrese è notissimo. Le copiose piogge di questultimo periodo hanno reso ancora più fragile il territorio provocando frane non solo lungo il tratto autostradale, provocando la morte di due persone e il ferimento di altre cinque, ma anche allinterno. Molte le famiglie che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni semi crollate perché costruite in zone non edificabili.
Naturalmente, cè stato il sequestro dellarea per fare tutti i sopralluoghi necessari e le verifiche del caso. Ora il tratto è di nuovo percorribile, ma la problematica più importante è sapere se i lavori, (andati avanti alacremente) per ripristinare una situazione accettabile, siano stati fatti secondo procedure e modelli a norma, affinché non accada nuovamente un disastro del genere.
E mai possibile che lItalia per la percorribilità delle strade e autostrade sia da terzo mondo? Dove vanno a finire i soldi erogati dallo Stato e dallUE per la manutenzione e per i lavori necessari?
Vien da pensare, purtroppo, come al solito, che ci sia di mezzo chi vuole i soldi per sé. Si tira in ballo sempre la mafia, la ndrangheta, la camorra, ma si è sicuri che siano soltanto loro? O ci sono giochi di potere e di favori? Ora, sarà servita la lezione oppure cè ancora da tremare quando si attraverserà lA3? E pensare che la Calabria possiede delle coste favolose...
Così anche il turismo sarà danneggiato e non poco!
E quello che è accaduto alla Regione Veneto. Lente che, per eccellenza, dovrebbe proteggere il territorio e i suoi abitanti, pare non rispetti le regole. Ormai gli scandali sono allordine del giorno e quasi non ci si fa più caso. La Regione ha pensato bene di adeguarsi.
In un periodo così difficile, ognuno cerca di barcamenarsi alla meglio. Un tale ragionamento però è comprensibile quando a farlo è il semplice operaio con uno stipendio da fame, la cassa integrazione, la mobilità che incombono come la spada di Damocle, non quando si parla di dirigenti. Invece è proprio così.
I dirigenti della Regione Veneto percepiscono lo stipendio pieno, anche se sono in malattia, al contrario di quanto avviene invece per i semplici dipendenti, con lo stipendio tagliato secondo quanto previsto dal decreto Brunetta. In pratica il decreto prevede che, nei giorni di malattia, il trattamento economico è quello senza indennità ed emolumenti vari: si parte dai quasi 9 euro decurtati al giorno per il livello più basso, 10 euro circa per limpiegato e ben 77,52 per i dirigenti. Dovè linghippo? Semplice, i signori dirigenti mancano completamente dalla tabella delle decurtazioni, perché a dire della Direzione delle Risorse Umane, non sono veri dipendenti pubblici, ma in aspettativa (quindi con posto fisso garantito), in quanto hanno stipulato con la Regione un contratto privatistico, quindi esenti dal decreto.
Si sono fatti completamente beffa del ministro Brunetta, in questo falsificando le statistiche di coloro che il ministro definisce i fannulloni! E' un'indecenza. E chissà che putiferio se fosse poi successo al sud: tutti in massa a criminalizzare.
Non cè più vergogna, e per noi CITTADINI ATTIVI lindignazione è totale. Come si può sperare di essere credibili e pretendere che i cittadini abbiano fiducia in chi dovrebbe governare? Perché non si rispettano le regole, perché si cerca di fare i furbi, di giocare a guardie e ladri? Cè ununica differenza: i ladri non sono i semplici cittadini, che al posto di ricevere sono derubati! E non è vero quello che dicono i politici dei piani alti: La classe politica è diventato un caprio espiatorio per tutto e per tutti. Ma è così. Non sono i semplici cittadini ad avere stipendi doro e privilegi di ogni genere.
Qualcuno ha mai visto un precario salire gratis su un aereo?
Dopo un anno, si ritorna a votare. Questa volta per rinnovare il Parlamento Europeo. Ma chi sono i nostri rappresentanti in Europa?
L'estradizione di Cesare Battisti è stata una vicenda che ha visto la classe politica, in Italia, indignarsi così tanto, in TV e sui giornali, per il trattamento di favore concesso dal Brasile al terrorista italiano, a tal punto che anche l'Europarlamento è stato chiamato a votare una mozione a favore del provvedimento di estradizione. Ebbene degli attuali 78 europarlamentari italiani, solo 6 erano presenti alla votazione! Ma come, di fronte a tanta pubblica indignazione, a tanta ingiustizia conclamata, solo in 6 votano su una vicenda che vede così direttamente coinvolto lo Stato Italiano? E gli altri dov'erano? A casa, of course.
Che, per caso, abbiano confuso Cesare con Lucio e quindi abbiano ritenuto la mozione di poca importanza? Macchè! Si votava di giovedì ed il pomeriggio partiva il volo low cost di rientro in Italia. Forse non volevano perdersi gli ex colleghi di banco, Michele Santoro e Lilli Gruber, impegnati, la sera stessa, con i loro seguitissimi talk show? Macchè! Il trattenersi a Strasburgo, fino al venerdì, impone l'utilizzo, per il rientro, di un volo di linea dal costo 10 volte superiore. Forse è stata un'attenzione, dato il grave momento di crisi finanziario, per le già vuote casse dello Stato? Macchè! Poiché il regolamento riconosce comunque, al parlamentare, il rimborso del costo del volo di linea, era più morale non perdere questo ulteriore privilegio piuttosto che restare a votare per una giusta causa.
Ora appare ben chiaro come sia possibile che un europarlamentare italiano, ogni mese, con vari accorgimenti oltre all'indennità base pari a 11.703,64 euro, all'indennità di spese generali pari a 4.052 euro, all'indennità di viaggio annuale pari ad un massimo di 4mila euro, alla diaria giornaliera pari a 287 euro cioè circa 1.435 euro al mese, alle spese per i portaborse - spesso pagati in nero – per un massimo 16.914 euro mensili, possa garantirsi un budget MENSILE che supera i 35mila euro e che va ben oltre lo stipendio medio “lordo” ANNUALE di un dipendente che è pari a circa 21mila euro. Che dire dei francesi, dei tedeschi, degli austriaci e degli olandesi che pagano ai loro parlamentari un'indennità base pari a circa 7/8mila euro? E degli spagnoli a 3.126 euro, quattro volte meno degli italiani?
Ma non solo in Europa, i nostri parlamentari destano, sul piano morale, numerose perplessità. Il Parlamento italiano, luogo deputato a stabilire le regole della legalità, ha recentemente speso mezzo milione di euro dei contribuenti italiani per introdurre il sistema antipianisti, cioè il voto con impronta digitale, un sistema cioè per ristabilire la legalità tra chi la dovrebbe, per mandato, autonomamente applicare. Solo in Brasile, Messico ed Albania hanno un sistema di voto così. Un provvedimento che, per non so quale strana associazione di idee, mi ha richiamato alla mente il braccialetto elettronico imposto ai detenuti, in semilibertà, per impedirgli di fuggire. E sì che di condannati con sentenza passata in giudicato in Parlamento ce ne son diversi...
Come quasi mezzo milione di euro è anche il costo in più che la classe politica italiana chiede ai propri contribuenti se il referendum non sarà abbinato, pare per uno strumentale calcolo politico, all'election day di giugno.
Ma, scusate la banalità, qualche euro anche per i cittadini, i precari, gli indigenti, i disoccupati, i cassintegrati, i pensionati, le famiglie numerose, i giovani, i malati, le forze di polizia, le pmi, l'ambiente, la ricerca e l'innovazione, in cassa ci sta?
Nelle elezioni amministrative del marzo scorso in Turchia, il partito DTP (Partito della società democratica) è il primo patito nel Kurdistan della Turchia. Questa vittoria ha dato una grossa speranza ai 17 milioni di Curdi, che da quasi un secolo sono stati privati del diritto di avere una vita culturale propria e di usare la propria lingua.
Le elezioni di marzo sono coincise con le celebrazioni del Newroz, il capodanno curdo, e non solo: la festa di Newroz - che significa il nuovo giorno - è anche la festa di liberazione del popolo curdo da un tiranno come Zuhak.
Per la prima volta nel Kurdistan della Turchia sono scese in piazza massicciamente quasi due milioni di persone nella città di Diyarbikir (Amad) per dire e ribadire soprattutto la loro voglia di pace e dialogo con il popolo turco.
Il partito curdo Dtp non solo si conferma il primo partito, ma ottiene anche nuove province. Quattro sono state conquistate e strappate all'Akp, il partito di Erdogan. Ora il Dtp controlla oltre Diyarbakir (Amad), la capitale del Kurdistan della Turchia, Dersim, Batman, Siirt, Sirnak, Hakkari, Van e Igdir.
A Diyarbakir, Osman Baydemir, il sindaco uscente, è stato rieletto con il 66,5% dei consensi. Una vittoria schiacciante sul candidato dell'Akp che continuava a proclamare la vittoria ed era convinto di riprendere una delle città più grandi non solo in Kurdistan, ma anche in Turchia, ma si è fermato al 30,6%.
Due domande mi nascono spontanee:
1) Cosa faranno i generali guerrafondai della Turchia che hanno sempre represso qualsiasi tentativo di dialogo per risolvere la questione curda?
2) Troveranno un'accusa per mettere fuori legge il partito curdo DTP, come hanno fatto altre volte?
Il 9 aprile di sette anni fa, una coalizione guidata dal Governo degli Stati Uniti d'America e del Regno Unito, con le loro colonne dell’esercito, entravano nella capitale Irachena Baghdad da diverse direttrici fino ad arrivare nella piazza Tharir, in pieno centro. Nella piazza c'era una grande statua del dittatore, statua che divenne poi simbolo della fine del tiranno che governava il paese mediorientale da 35 anni durante i quali i popoli dell'Iraq sono stati privati di tutto: della libertà di poter usufruire delle risorse nazionali per il proprio sviluppo, come il petrolio, ma anche dell'aria per respirare.
Saddam Hussein aveva trasformato l'Iraq in una enorme caserma. Le due guerre, prima quella con l'Iran e poi quella del Golfo, e dodici anni di embargo avevano prodotto un esodo massiccio di Iracheni all'estero e un milione di morti.
Ebbene, a fronte di tale situazione disastrosa, oggi, nel bene e nel male, i popoli dell'Iraq sono contenti del cambiamento, della rinata possibilità di libertà. Nonostante le autobombe ed i kamikaze, in questi cinque anni sono nati settanta nuovi partiti, la libertà di stampa ha prodotto un fiorire di giornali e di Tv locali e satellitari.
Tutto questo con Saddam non c'era e non era possibile. Anche dal punto di vista economico qualche cosa è cambiato: prima non si poteva pianificare nulla, adesso si possono fare progetti, pur piccoli per il futuro. E' stato avviato un processo politico, pur lento, verso la democrazia del Paese, è stata scritta, con la partecipazione di tutti i rappresentanti, la nuova Costituzione che si può definire unica sia nel mondo Arabo che nel mondo Islamico.
La nuova costituzione garantisce il diritto di tutte le etnie e tutte le confessioni religiose.
Con tutto ciò non possiamo dire che l'Iraq è pacificato, tutt'altro. Nei trascorsi cinque anni terroristi di Al-Qaeda come Abu Musab al-Zarqawi, prima di essere ucciso, avevano deciso di trasformare l’Iraq in una terra bruciata ed gli jihadisti provenienti sia del mondo Arabo che nel mondo Islamico, in primis dei paesi limitrofi come l’Iran, la Siria e la Turchia, continuano ancora oggi con le loro azioni destabilizzanti, ma, per fortuna, senza successo.
La questione curda, per quanto ben caratterizzata e definita, non risulta del tutto comprensibile se astratta dal contesto nel quale si è sviluppata: quello della storia del Medioriente. Un legame che si è rinsaldato nello scorrere degli avvenimenti del secolo scorso: l'evoluzione dal sistema coloniale all'imperialismo moderno, la scoperta e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi, le guerre mondiali, i conflitti locali e la «guerra fredda». Queste sono solo alcune delle problematiche che fanno sì che la questione curda si possa considerare assai vicina alle vicende della storia europea.
Negli ultimi 20 anni i partiti curdi hanno indirizzato i loro sforzi di lotta, sia armata sia politica, non più, soltanto, contro le potenze, contro i singoli regimi repressivi dell'Iran, della Turchia, della Siria e prima dell’Iraq. La lotta per l’indipendenza ha assunto i connotati propri delle lotte di liberazione in corso anche in altri paesi nel mondo, da parte delle minoranze oppresse. Ma questa affermazione è solo in apparenza semplice: in realtà spesso, per i curdi, è addirittura difficile individuare il proprio vero nemico, e questo dipende da numerosi fattori: ad esempio, il più delle volte, paesi lontani dal Curdistan, ma presenti sulla scena internazionale, formalmente approvano e sostenevano l'indipendenza dei curdi, ma in sostanza appoggiavano la politica repressiva dei singoli governi, spesso con aiuti economici ai vari regimi, nascondendo così le consuete dinamiche dell'imperialismo dietro un intervento indiretto ma ugualmente efficace.
II Curdistan esiste da almeno quattromila anni, abitato da una popolazione di stirpe indoeuropea, di religione originariamente zoroastriana convertitasi all'islam dopo la conquista araba; il popolo curdo ha vissuto fino al secolo scorso perfettamente integrato con le altre culture del Medio oriente. Alla fine della Prima guerra mondiale questo territorio è stato arbitrariamente suddiviso dalle potenze europee vincitrici che perseguivano i propri interessi coloniali nella regione: da allora la situazione è rimasta invariata e il popolo curdo combatte per riavere il diritto a vivere libero e in pace sulla propria terra.
Cerchiamo di chiarire ai lettori italiani, cosa vogliono i curdi. Il popolo curdo chiede che la minoranza curda venga riconosciuta dai governi negli stati nei quali risiede, chiede di potere fare uso della propria lingua, della propria tradizione, dalla propria scuola, ma soprattutto vuole la democratizzazione dei paesi che controllano il Kurdstar. Proprio questo è stato il punto che ha sempre determinato la brutale repressione da parte dei singoli governi che occupano il kurdistan nei confronti del popolo curdo.
La prima guerra del Golfo, nel 1991, aveva portato alla ribalta delle cronache le persecuzioni di cui sono stati, e sono tuttora oggetto, i curdi. È emerso palesemente l'aspetto tragico e terribile della loro esperienza, ma quello che ancora una volta era ed è sfuggito, e che continua a rimanere tuttora ai margini dell'informazione, è l'analisi attenta della loro storia e della loro cultura.
Sono una delle più importanti ed antiche civiltà dell'Oriente, eppure questa verità elementare e fondamentale resta spesso nell'ombra. Una "dimenticanza" dovuta, con tutta probabilità, almeno nel campo dei media, ad una "colta" ignoranza. Certo che il popolo curdo non può vantare gli uomini più ricchi del pianeta. Genericamente è indicata come una minoranza oppressa. Un luogo comune, come tanti altri, per spiegare lo smembramento del popolo curdo. È in questi luoghi comuni che si affossano ogni giorno le speranze di migliaia di uomini.
Spesso il sogno di vivere in un kurdistan libero e indipendente è finito sulle coste pugliesi e calabresi in Italia o in altri paesi europei, per i curdi in fuga dalla persecuzione provocata dei governi dell’Iran, della Turchia, della Siria e dell’Iraq prima dalla caduta del regime dittatoriale di Saddam.
La formazione di una diaspora curda in Europa è un fenomeno recente. Nel 1960, i curdi provenienti dalla Turchia hanno iniziato ad arrivare in Germania, Austria, Svizzera e Francia, come lavoratori immigrati nel quadro di contratti governativi e accordi in materia di lavoro degli immigrati. Ma dopo la rivoluzione islamica, in Iran, del 1979, il colpo di Stato in Turchia del 1980, il massacro perpetrato dal regime iracheno con l’operazione Anfal e la campagna, lanciata nel 1992, di evacuazione forzata e distruzione di villaggi curdi accoppiata con una politica di assassinio politico di élite da "squadroni della morte" e forze paramilitari, è aumentato l’esodo dei curdi verso l'Europa. Il gruppo più consistente (circa 650 mila) si trova in Germania, ma altre numerose comunità si trovano nei paesi dell’Unione Europea. In Italia si trovano circa due milla curdi, sparsi nel centro e nel nord Italia, per lo più con regolare permesso di lavoro.
Una domanda nasce spontana: fino a quando questo popolo deve subire questa ingiustizia?
Ora, il compito è quello di cercare gli strumenti idonei ad affrontare una situazione ormai insostenibile, dal punto di vista morale, per i paesi civili che vogliono farsi sostenitori dei diritti umani e dei popoli
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