Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Utilizzando le parole di Stefano Micossi, in un recente articolo apparso sulla stampa nazionale, “tra le cause della crisi economica italiana, un ruolo determinante è svolto dalla cattiva qualità delle istituzioni, in primis le istituzioni e i comportamenti della politica. Anche la politica è un mestiere, nel quale si entra per fare carriera e guadagnare denaro; si ottengono anche influenza e potere, oltre a mille piccoli privilegi nella vita quotidiana. Dunque, i guadagni monetari dovrebbero essere più contenuti, rispetto a posizioni comparabili nel settore privato.
In Italia avviene precisamente il contrario. Le retribuzioni dei nostri politici e degli alti funzionari delle amministrazioni sono ormai molto più alti del settore privato e, in assoluto, completamente fuori linea nel confronto internazionale. La revisione delle regole di remunerazione del Parlamento europeo ha fatto emergere l'anomalia italiana: i nostri deputati, che finora percepivano la remunerazione nazionale, guadagnano oltre 12000 euro al mese, oltre 150.000 euro l'anno. Il Paese più generoso dopo di noi, l'Austria, paga poco più di settemila euro; la Svezia e il Lussemburgo, molto più ricchi di noi, pagano intorno a 5000 euro.
Lo stipendio dei parlamentari non è che la punta dell'iceberg. Negli ultimi anni, retribuzioni generose e benefici accessori si sono moltiplicati nelle assemblee regionali - dove le retribuzioni si sono spesso allineate a quelle parlamentari - provinciali e comunali, per decisioni sempre unanimi assunte di solito in sordina, quando l'opinione pubblica era distratta. Un impiego pubblico, più che una funzione rappresentativa.
Generosi con se stessi, ma non meno generosi con i propri collaboratori nei vertici delle amministrazioni, sempre più scelti secondo il deleterio «sistema delle spoglie». Introdotta con la scusa di attirare i talenti, la contrattualizzazione della dirigenza ha condotto a retribuzioni sproporzionate - 300, 400, anche 500 mila euro per direttori generali e capi di agenzie indipendenti. Nel settore privato remunerazioni di questo livello sono percepite solo da manager al massimo livello: i quali però lavorano moltissimo, rischiano del proprio e non godono delle garanzie tipiche dell'impiego pubblico.
L'esplosione delle retribuzioni si è accompagnata a un altro fenomeno: l'occupazione diretta dei posti di nomina politica da parte di esponenti della politica che perdono il posto in parlamento o nelle assemblee elettive. L'esempio più straordinario è quello dei commissari delle autorità indipendenti, istituite per garantire che certe funzioni pubbliche fossero indipendenti dalla politica, ora riempite di politici che avevano perso il posto.
Nei prossimi anni il riequilibrio delle nostre finanze pubbliche disastrate richiederà molti sacrifici. Credo che sarà difficile convincere i cittadini ad accettarli, se prima la politica non darà seri segni di ravvedimento, cessando di saccheggiare le casse pubbliche a proprio vantaggio. Un'indagine parlamentare sulle retribuzioni delle cariche elettive e dei vertici delle amministrazioni potrebbe aiutare a far luce sulla dimensione del fenomeno; il riferimento agli standard europei per le diverse cariche fornirebbe la misura dei tagli da effettuare”.
Stante la situazione e prendendo atto dell’ormai sempre più crescente disaffezione della pubblica opinione verso
la “Politica ”,
la nostra Associazione si fa promotrice e da l’avvio ad una raccolta firme nazionale per una:
PETIZIONE AL PARLAMENTO ITALIANO PER UNA LEGGE CHE ABBATTA I COSTI DELLA POLITICA ED I PRIVILEGI RICONOSCIUTI ALLA CLASSE POLITICI
Essa può essere comodamente sottoscritta accedendo online al nostro sito web (www.cittadiniattivi.it) al seguente link (clicca qui di seguito: Sottoscrivi la Petizione).
E’ nostra intenzione, unitamente a tutte quelle Associazioni e/o Movimenti che vorranno condividere con noi questa iniziativa e che preghiamo di contattarci ai riferimenti sotto espressi, consegnare la Petizione e le firme raccolte, nelle mani del Presidente della Repubblica e nelle mani dei Presidenti di Camera e Senato onde sensibilizzare la classe politica per un radicale, etico e morale cambiamento nel rispetto delle esigenze e dei bisogni del popolo italiano.
Vi invitiamo a dare la massima diffusione a questa nostra iniziativa, segnalando il sito www.cittadiniattivi.it ed invitando tutti i contatti della vostra rubrica e tutte le persone che conoscete a sottoscrivere la petizione.
Celato da un telo verde che impedisce ai cittadini di vedere, in via Cavallotti a Padova, quartiere Santa Croce, in piena città giardino, a fianco del parco di Villa Montesi, prosegue indisturbato lo scempio di essenze arboree di alto fusto divelte, seppellite da terra e calcinacci, in uno scenario di natura violentata e soppressa da gigantesche gru, ruspe a ed altri mezzi meccanici. Non c’è nessun cartello che indichi il progetto, nessuna motivazione che giustifichi la trasformazione di un parco in cumuli di terra, e in un gigantesco terrapieno: solo l’indicazione di lavori in corso e un divieto di accesso che suona come una dichiarazione di «lasciateci distruggere in pace».
Un paio d’anni fa avevo denunciato il primo abbattimento, nello stesso luogo, di alcune piante centenarie e l’eco, nella stampa e nelle tv private sembrava aver bloccato l’operazione: evidentemente il destino di questo parco era ormai segnato, hanno lasciato passare un po’ di tempo, che si calmasse la reazione e l’indignazione dei cittadini ed il disegno distruttivo prosegue.
Ma perché? Perché tanto accanimento contro la natura e l’ambiente? Perché succede questo con un’amministrazione di sinistra, con un vicesindaco come Ivo Rossi dallo specchiato passato ambientalista? Perché l’amministrazione comunale, tutta proiettata sulla realizzazione di park sotterranei in centro (politica fra l’altro abbandonata dai comuni virtuosi perché attira le auto invece che allontanarle dal centro) e mega cavalcavia perde di vista e si disinteressa della tutela e della conservazione del sempre più esiguo patrimonio arboreo che ancora rimane in questa città?
Un milione di euro. Questa è la cifra che il dott. Adriano Cestrone, direttore dell’Azienda Ospedaliera di Padova, conta di poter recuperare da circa novecento madri, “colpevoli”, di aver pagato, tra il 2003 ed il 2010, solo il ticket sanitario, pari a 36 euro, quale corrispettivo al trattamento di fecondazione assistita. E proprio in questi giorni giunge, al domicilio delle interessate, il sollecito a pagare, retroattivamente, 400 euro, se la signora fu destinataria della tecnica “Fivet” (fecondazione in vitro), o 700 euro se alla paziente fu applicata la tecnica cosiddetta “Icsi” (fecondazione in vitro mediante iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo).
Se consideriamo che, spesso, di trattamenti se ne fanno più di uno prima di avere successo, ognuna di loro deve, in media, restituire circa 1.800 euro. Una bella differenza e un onere pesantissimo, specie di questi tempi, in cui le famiglie italiane soffrono le conseguenze dell’attuale crisi economica e finanziaria.
Vibrata sarà la nostra protesta verso le Autorità competenti perché fu la stessa Clinica Ostetrico-Ginecologica, diretta, nel periodo, dal prof. Antonio Ambrosini, che richiese, al tempo, solo il pagamento del ticket e non già gli oneri che, invece, una circolare interna dell’ospedale reclamava. L’applicabilità retroattiva è una prassi alquanto criticabile, specie se le persone erano tutte in buona fede. Ora sulle 900 povere ed ignare cittadine si scaricano le conseguenze dell’ennesimo episodio di mala gestione della Sanità Pubblica.
L’uomo giusto al posto giusto. Questo è il principio al quale dovrebbero ispirarsi tutti quelli che sono alla ricerca di un lavoro stabile, di una progressione di carriera, di un’affermazione nel mondo dello spettacolo, della cultura, dello sport e soprattutto nel mondo della politica. Ma pare che, in realtà, oggi, quest’affermazione in Italia sia priva di fondamento. Oggi la politica non si confronta più su come affrontare i problemi del Paese. No, oggi il dibattito politico e l’attenzione dei media è tutta catturata da fatti e misfatti che evidenziano comportamenti e scelte dei singoli che dimostrano che “lui, no, lui lì non ci doveva stare”. Nemmeno la morte dell’ennesimo giovane soldato italiano in uno sperduto paese qual è l’Afghanistan è più una notizia da prima pagina. Così invece fa notizia, sulle reti Mediaset, che l’ex leader di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti e signora Lella, abbiano passato una settimana in vacanza alle isole Bahamas. Pizzicati da alcune foto a tradimento in maglietta e zainetto sul trenino caraibico. Poi si scoprirà che, in realtà, erano le Antille ma comunque sempre di Caraibi si tratta. Una condizione elitaria e aristocratica? Poco tempo fa, la stessa signora Lella aveva dovuto smentire altri luoghi comuni sul compagno di una vita: «L' unico cachemire che gli ho comprato è stato 10 anni fa al mercato e l'ho pagato 25 mila lire; gli altri sono arrivati dai suoi amici che per gioco, quando Fausto ha compiuto 60 anni, gliene hanno regalato uno a testa» e però con l’occasione lei ricorda ai giornalisti che « Veltroni si è appena comprato un appartamento a Manhattan e non lo dice nessuno». Anche lui fuori posto, anzi “fuori Paese”.
Sempre sul cachemire è chiamato a rispondere Massimo D’Alema fotografato “fuori posto”, con la moglie, sulle nevi di St. Moritz. Non solo la sciarpa non era di cachemire – si giustifica - ma «le scarpe le ho comprate da Decathlon, pagandole ventinove euro». Di certo son “fuori posto”, rispetto al mandato elettorale ricevuto, i tre ex onorevoli dell’Italia dei Valori – Antonio Razzi, Domenico Scilipoti e Americo Porfidia - che ora con il loro voto sostengono la maggioranza di centrodestra. E proprio tre furono i voti di maggioranza che il 14 dicembre si opposero alla mozione di sfiducia, presentata in Parlamento, al governo Berlusconi, premier che fu beccato, da una giornalista, “fuori posto”, a Napoli, alla festa del diciottesimo compleanno di Noemi Letizia, giovane minorenne che da sempre lo chiamava “Papi”. «Io ho risposto ad una sola domanda e cioè se ci sia stato un rapporto più che piccante con Noemi. Assolutamente no, e sbagliando, perché non dovevo farlo, ho giurato sulla testa dei miei figli» spiegò il primo ministro in quella occasione. Ora con Ruby Rubacuori, la storia sembra ripetersi.
Rapporto invece che si dimostrò nel caso dell’ex governatore della Regione Lazio, Piero Marrazzo, pescato “fuori posto” in mutande e filmato dal carabiniere Luciano Simeone nell’appartamento del trans Natalie. Situazione non meno imbarazzante di quella vissuta dal portavoce del governo Prodi, Sivio Sircana, beccato da un fotografo “fuori posto” mentre con la sua auto si accostava ad un trans in una via della periferia di Roma.
Non meno “fuori posto” sono gli oltre 700 nomi illustri di presunti evasori fiscali contenuti nell’ormai famosa «lista Falciani» il dipendente della banca Hsbc scappato con l' elenco dei clienti di mezzo mondo. Per l' Italia ci sono 6.963 «posizioni finanziarie» sospette per un totale di sei miliardi, nominativi che seguono gli altri 600 nomi contenuti nella meno recente “lista Pessina”, illustri clienti di Fabrizio Pessina, avvocato svizzero specializzato nell’esportazione di capitali all’estero ed arrestato per riciclaggio a Malpensa. E così potremmo continuare con mille altri esempi.
«Nella società legalità e moralità sono centrali» sentenzia ora il cardinal Tarcisio Bertone, unendosi in questo al richiamo del presidente Napolitano. Condivido. Ho solo un piccolo dubbio: ma a chi stanno parlando?
Ho contattato, telefonicamente, un paio di volte perché non credevo alle mie orecchie, il CUP di Padova, Azienda Ospedaliera per prenotare una visita: conoscendo il nostro decrepito sistema sanitario ero preparato a tempi lunghi, anche lunghissimi, per effettuare la visita (mi è successo di attendere anche 1 anno), ma non mi aspettavo che, semplicemente per avere un contatto con l’operatore dovessi attendere in linea “per non perdere la priorità” 1 ora e 15 minuti.
Qui a Padova, quindi, per solo per prenotare una visita che magari si farà fra 1 anno o 18 mesi, bisogna stare al telefono per più di un’ora.
Ma questa, a mio avviso, non è solo malasanità, questa è pura follia, è gestire in modo demenziale il rapporto fra l’Azienda Ospedaliera ed il cittadino, è sancire l’irresponsabilità e l’inadeguatezza degli amministratori di questa Azienda.
“Mi auguro un’Italia più serena, meno lacerata, meno divisa, dove la lotta politica non sia una guerra continua e dove ci sia rispetto tra le parti che fanno politica e che competono per la conquista della maggioranza” questo è l’augurio che il capo dello Stato, Giorgio Napolitano rivolgeva agli italiani, in particolare ai giovani studenti delle scuole medie, qualche giorno prima delle ultime elezioni amministrative. In realtà, poco tempo dopo, Letizia Moratti, alla fine di un confronto televisivo quando ormai non era più possibile replicare, pugnalava alla spalle il rivale Giuliano Pisapia citando una vicenda giudiziaria senza (forse) sapere che si era conclusa con la totale assoluzione dell’avvocato milanese.
Il Palazzo della politica è sempre più lontano dalla gente e sempre più insensibile al richiamo e al rispetto delle Istituzioni. Si avvita su sé stesso in una lotta continua tra affari ed interessi, senza un briciolo di etica, perdendo di vista il “bene comune”. Cresce l’antipolitica. Le liste dei grillini arrivano ad ottenere in alcune città, come ad esempio Bologna, percentuali di consenso a due cifre. Negli ultimi trent’anni il numeri di coloro che disertano le urne è cresciuto progressivamente, senza sosta. Alla fine degli anni settanta andava alla urne il 90% degli elettori, poi l’astensione ha cominciato a crescere e la partecipazione al voto degli italiani è precipitata sempre più fino ad arrivare al 63,6% alle ultime elezioni regionali (2010). Il penultimo dato, le elezioni europee del 2009, vede la partecipazione elettorale al 69,6%. Unico momento in controtendenza, in questo trentennio, è stato quello di “Tangentopoli”, segno che il richiamo ad una politica più sobria, più etica e morale è fortissimo negli italiani.
A Trieste, al primo turno di queste ultime amministrative, si è recata al voto poco più della metà egli elettori giuliani: il 56,69% degli aventi diritto contro il 74,50% delle comunali del 2006. Un calo del 18%. Non è da meno Gorizia che ha registrato un -23%. E così in tutta Italia dove, ad esempio, ad eccezione di Torino e Cagliari (in lieve crescita), e Milano (stabile), la partecipazione al voto ha registrato un calo diffuso: -2% a Bologna, -7% Napoli, -8% a Reggio Calabria, -2% a Siena, -1,5% a Varese, solo per citarne alcune. L’area dell’astensionismo in media, oggi, arriva a toccare il 40%.
Il nuovo sindaco di Trieste, alla fine, sarà eletto solo da un quarto degli aventi diritto al voto. Sarà il sindaco di una minoranza e tutto ciò non è sintomo di una democrazia sana, di una democrazia matura. E’ solo l’ennesima dimostrazione della crescente disaffezione degli italiani verso questo modo di fare politica oggi in Italia, caratterizzata dall’uso ormai sistematico del “metodo Boffo”, dalla radicalizzazione del dibattito politico, dal concepire l’avversario come un nemico da annientare, dalla continua attività di dossieraggio, dalla trasformazione di una visione controversa in una strisciante ed infinita guerra civile. Una “casta” che si perpetua con qualsiasi mezzo per non perdere benefici e privilegi.
Una disaffezione ed un astensionismo gravemente presente nel mondo dei giovani. Ho recentemente partecipato ad una sessione d’esame di cultura generale ed è stato avvilente constatare che alcuni ultra-ventenni e laureati non conoscevano il nome del presidente del Senato, i poteri del capo dello Stato, del Parlamento, del presidente del Consiglio, non ricordavano che tipo di repubblica è la Repubblica Italiana. Quanto anacronistiche appaiono oggi le parole che Piero Calamandrei pronunciò, quel 26 gennaio del 1955, a Milano, nel Salone degli Affreschi.
Che possiamo allora pretendere dagli elettori se addirittura è la stessa classe politica che invita al “non voto”, cioè a disertare le urne al prossimo turno referendario? Nulla. Torniamo a studiare la “Costituzione Italiana”.
Armando Della Bella
copyright © giugno 2011
“Bravo Di Pietro, bravo! Noi non t’abbiamo votato ma tu vai avanti così!…” così il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, dal palco della 6° festa nazionale svoltasi a Vasto (CH), descrive il suo cruccio politico. E’ la famosa storiella del distributore di benzina di Teramo dove sostava un pullman di trevigiani diretto da Padre Pio. Riconosciutolo, lo hanno acclamato ed incoraggiato ma anche politicamente sconfortato. Una IdV che vorrebbe far diventare “partito di massa” e che invece stenta in questo senso ad affermarsi così come i sondaggi testimoniano (TG LA7 - 12.9.2011): un partito in forte regressione (-3%) rispetto al voto delle ultime elezioni europee. “Ma non vorrei che poi fosse meno, meno, meno…” conclude la frase l’ex magistrato di Mani Pulite, gesticolando con forza, “perché, in politica, i numeri contano!”. Eppure molti sono stati i suggerimenti al dilemma politico del Tonino nazionale sorti in questa tre giorni settembrina che, tra le tante feste di partito in corso, ho scelto come potenziale laboratorio politico autunnale. E’ così infatti è stato: solleticati da mitraglia “Chicco” Mentana, Bersani (a denti stretti), Vendola e Di Pietro, di fronte ad un numeroso pubblico, hanno (ri)fondato un “Nuovo Ulivo”, coalizione elettorale a tre nel centrosinistra ma, precisano, “senza steccati”.
Dicevamo dei suggerimenti. Inizia Marco Travaglio che, rivolgendosi a Di Pietro, gli chiede perché IdV e tutta l’opposizione, utilizzando gli strumenti legali che la democrazia mette a disposizione (“ad esempio chiedendo continuamente la verifica del numero legale”) non bloccava il Parlamento inducendo così il Governo a dimettersi e ponendo così fine a questo lento e strisciante suicidio delle Istituzioni, invito gentilmente declinato da Di Pietro “perché io – risponde - da uomo politico ho il dovere d’impedire l’occupazione delle Istituzioni” appoggiato in questo dall’on. Silvana Mura che, dalla prima fila, con un eloquente gesto della mano, disapprovava la “travagliata”. Sul viso di Travaglio, visibile, si coglie la delusione.
Anche Sonia Alfano contribuisce suggerendo al Presidente, dal palco, che sarebbe ora di fare un po’ di pulizia all’interno del partito, oggi più che mai “scilipotato” (“nel partito deve mancare l’aria per lo scilipotismo”), recuperando quelle persone perbene che, negli anni, per sete di potere e poltrone, sono state cacciate dai cosiddetti “professionisti” della politica, piombati in IdV, dal 2005 in poi, da ogni partito, perfino dall’odiato Udeur. Anche allo stesso Di Pietro, nel corso del dibattito, sorge il dubbio di avere commesso qualche errore: “Dobbiamo tornare al movimentismo della prima Italia dei Valori..”, dice al microfono, rinnegando così il passaggio al modello partito avvenuto nel 2006. Non passa poi inosservato il richiamo all’unità che la conduttrice, Lea Del Greco, fa dal palco ad alcuni alti dirigenti di partito non (volutamente?) presenti, evidenziando così l’esistenza di un “dissenso” politico interno.
Non da meno è il neosindaco di Napoli Luigi De Magistris che, accoratamente, enuncia la sua linea politica fondata sul superamento di vecchi schemi, ormai logori, della politica: “La politica (in questo smentendo la teoria dipietrese) non è sommatoria di numeri, noi dobbiamo andare oltre, oltre l’Ulivo, oltre l’Unione, oltre al ‘questo sì, questo no’, oltre anche a Berlusconi… dobbiamo recuperare un contatto diretto con la gente, parlare dei loro problemi…”, in questo sostenuto da scroscianti applausi e rubando la scena al suo Presidente come il giorno prima aveva fatto Nichi Vendola. E lui, l’ex pm di “Why Not”, a Napoli ha dimostrato che sì può fare: “Se Di Pietro vuol riformare il sistema, io invece, al contrario, penso di rivoluzionarlo…”. Anche il vicino Circolo IdV di Termoli, mentre Di Pietro arringava i militanti a conclusione della festa, contribuiva alla riflessione: in una nota ufficiale definiva “Antonio Di Pietro come Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, accomunati dalla stessa concezione familistica e privatistica della politica”, reo, l’ex pm, di aver candidato, come consigliere regionale in Molise, il figlio Cristiano.
“Se non stiamo con Tonino, restiamo senza panino!” urla un anziano militante mentre, con il mio bloc notes, esco da Palazzo D’Avalos. I militanti, secondo loro, una cosa l’hanno capita. E lui avrà compreso quanto, in tanti, gli han ripetuto al microfono?
Armando Della Bella
copyright © settembre 2011
E’ Incredibile! La notizia che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, abbia pagato il biglietto per vedere un film al Festival del Cinema di Roma, ha inondato i mass media. La voce, circolata dopo la proiezione del film 'L'industriale', ha poi trovato conferma: il capo dello Stato aveva pagato di “tasca propria” il biglietto per assistere alla proiezione del film di Giuliano Montaldo. Emissari del Quirinale erano andati in mattinata ad acquistare il biglietto per il Presidente che poi si e' presentato come un qualsiasi cittadino alla proiezione del film.
La notizia, che in un qualsiasi altro Paese europeo caratterizzato da alto senso per lo Stato sarebbe passata del tutto inosservata e mai ripresa dalle agenzie di stampa, in Italia ha suscitato scalpore. Non eravamo abituati, non ci siamo abituati, non ci hanno abituato a questo agire, a questo modo di fare, a questo principio di sobrietà ed umiltà, a questo sentirsi uno tra tanti, al considerare l’esercizio del potere come servizio alla gente del proprio Paese piuttosto che, invece, un’opportunità per vivere al di sopra della media, al di sopra di ogni sospetto e nell’impunità.
La serata distensiva dopo una intensa giornata di lavoro, quel momento che ti consente di scaricare la tensione accumulata tra snervanti mediazioni, incontri di vertice, riunioni di Gabinetto, incontri istituzionali, si traduce nella visione di un film, sotto gli occhi di tutti e non di pochi invitati “a Palazzo”, in un luogo pubblico e non in un semi-interrato privato o in una camera d’albergo, pagando il biglietto e non concedendo regalie.
La “Casta” potrà vantare un briciolo di credibilità quando darà per davvero il “buon esempio”, tirando anch’essa, come tanti concittadini, la famosa “cinghia”. Per chi amministra la “res publica” vuol dire rinunciare a privilegi e a sprechi. Nel momento in cui la gente a fatica raggiunge la fine del mese e non riesce più a risparmiare un euro, ostentare il lusso è atteggiamento indegno ed immorale. Così come sono devastanti i cattivi comportamenti nei luoghi deputati all’emanazione delle leggi e dove poi a fatica le si rispetta, dove ci si insulta e ci azzuffa per questioni personali ed insignificanti, dove il “pianista” vota per il collega assente, dove sono più i giorni di assenza che di presenza. E’ l’Italia degli opportunisti e dei furbi, che ha avuto il sopravvento sull’Italia degli onesti e così sarà fino a quando non ci sarà un riscatto morale, una ribellione delle coscienze di fronte a tanto degrado morale ed etico.
Un Paese che da tempo è diviso in due parti: da una parte una rissa perenne, sterile, infruttuosa, priva di risultati oggettivi, dall’altra una crescente sofferenza caratterizzata da impotenza e rassegnazione, con un quarto degli italiani a rischio povertà e con servizi sociali ridotti all’osso. Alle porte il rischio di una guerra tra poveri. A 150 anni dall’Unità d’Italia, si assiste al “crollo” e al degrado morale di un Paese da sempre ricco di storia, cultura e tradizioni, devastato da striscianti divisioni che minano la sua integrità.
Ora nasce il “Governo Monti”, il governo dei “tecnici” che sancisce così il fallimento della classe politica, che “commissaria” il Paese, un governo ora sostenuto da più dell’80% degli italiani, speranza di un’Italia che c’è e che è migliore e più solidale di quella vociante e rissosa che ogni giorno vediamo su mass media, un’Italia che stenta ad emergere e che ora si coagula attorno ad un esecutivo che con la politica ha dichiarato di aver nulla a che fare.
Le poltrone della «Casta», per la prima del 7 dicembre alla Scala, le uniche rimaste ancora libere, da quest’anno sono in vendita al prezzo di quasi 2 mila euro l'una. Un centinaio di tagliandi extralusso tradizionalmente riservati alla “Politica”. Sobrietà e rigore, una svolta. A Roma, il Presidente Monti recupera dal garage la più “stagionate” auto blu italiane Fiat Croma, Lancia K e Alfa Romeo 156 e lascia dentro le auto di lusso, ultimo modello, Audi, Bmw e Volvo. In garage anche la Maserati Quattroporte blindata (mai usata) dal Presidente Berlusconi e le diciannove Maserati Quattroporte acquistate dal Ministero della Difesa.
Un segnale, una speranza per un futuro migliore. Forza Presidenti, siamo con Voi.
Armando Della Bella
copyright © novembre 2011
«Vada a bordo! E’ un ordine... Cosa vuole fare? Vuole andare a casa? Guardi Schettino che lei forse si è salvato dal mare, ma io le porto veramente male. Io le faccio passare dei guai... Vada a bordo! Ora!». Con queste parole il capitano Gregorio De Falco ha apostrofato il Comandante della nave “Costa Concordia”, reo di averla abbandonata dopo il naufragio di fronte all’Isola del Giglio con circa 300 passeggeri ancora a bordo. La celebrazione di un eroe, un idolo eretto a salvatore dell’immagine della Patria, un’icona in un Paese, l’Italia, che ora soffre una crisi d’identità perche da tempo ha smarrito la sua immagine, la sua personalità, la sua dignità.
Ma il “capitano buono” si affretta subito a chiarire: «Non sono un eroe, non prendetemi in giro... Ho cercato di fare il mio dovere, come era giusto. Potevamo salvare tutti i passeggeri della Concordia». Ha ragione. Un Paese non può ricrearsi una verginità santificando il primo capitano che si comporta come si deve. «Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi», così recitava Bertolt Brecht. Ma l’italiano vero, il “cittadino attivo” non è lo Schettino Laqualunque di turno, checché si affrettino a bollarci così i media e la stampa internazionale. No, si sbagliano. Il cittadino “attivo” è quello che tutte le mattine, quando si sveglia per andare a lavorare, si pone mille domande e spesso non capisce il perché delle cose.
Il vero “CITTADINO ATTIVO” è colui che non capisce perché a pagare le tasse siano sempre e solo i soliti “noti” pensionati e dipendenti piuttosto che tutti coloro che potrebbero, abbassando così per tutti il carico fiscale, è colui che si chiede perché lo Stato pretenda sempre di più da chi paga di più e non invece da chi ha di più, è il cittadino che si domanda perché sia costretto a pagare un’aliquota fiscale media del 35% se mantiene la ricchezza all’interno del suo Paese, ed il 5% se invece la esporta illegalmente all’estero.
E’ il cittadino che si chiede come mai un giorno gli introiti degli esercizi commerciali possano aumentare del 300% o la mancata emissione di scontrino fiscale scendere del 50% solo perché c’è la Guardia di Finanza in giro, è l’anziano ammalato che si chiede perché quando si reca presso un ambulatorio pubblico per una visita di controllo, il “numerello” gli dice che in coda prima di lui ce ne sono altri 130, è il cliente del medico dentista che si sente “scontare” l’importo della prestazione di oltre il 20% se non chiede la ricevuta, è il pubblico elettore che si chiede perché, grazie ad un emendamento bipartisan al decreto legge mille proroghe, si consenta ai partiti di imbrattare ancora le città con i loro manifesti abusivi pagando semplicemente mille euro di multa mentre alcuni piccoli imprenditori sono costretti al suicidio perché non riescono a pagare le cartelle esattoriali ad Equitalia e gli stipendi ai propri dipendenti.
E’ l’invalido che si chiede perché le risorse debbano essere condivise con chi, pur cieco, guida l’automobile, è il malato che si sente rispondere che con 150 euro può abbreviare i tempi della visita prevista tra sei mesi, è il barista onesto che non dorme la notte per far quadrare i conti e dare il miglior caffè mentre il collega del bar di fronte gira in Suv e dorme sonni tranquilli, è colui che si chiede perché chi non paga le tasse deve anche usufruire dei servizi sociali e per di più anche gratis, è quello che non capisce perché in un mondo ormai così dominato dalla tecnologia, sia così faticoso incrociare quattro dati e scoprire gli evasori fiscali, è il cameriere che spera di poter “arrotondare” con le mance e si chiede perché ai parlamentari è nuovamente concessa la “legge mancia” cioè la donazione di 150 milioni di euro per “gratificare” i loro collegi elettorali, è colui che si chiede perché se, come si dice, l’onestà paga, a vivere meglio sia sempre quello che onesto non è…
Armando Della Bella - copyright © febbraio 2012
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