Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Ci si affanna sempre a parlare tanto e male della Calabria, per la n’drangheta, in primis, e poi per tutti gli altri servizi che non vanno tra enti ed istituzioni. Non si può negare che ci siano molte cose che non funzionano, ma a quelle poche cose in regola non è dato il giusto riconoscimento. Parliamo della provincia di Cosenza.
In barba a tutto e tutti viaggia a gonfie vele, è il primo ente in Italia ad aver approvato, in anticipo sui tempi a disposizione, il bilancio di previsione dell’esercizio finanziario per il 2009 ed il bilancio pluriennale fino al 2011, raccogliendo la quasi totalità dei voti a favore. Il tutto svolto secondo le disposizioni ministeriali, come lo stesso presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio, ha dichiarato. Tutto ciò fa essere la Provincia di Cosenza un ente sano e senza debiti fuori bilancio, che svolge le proprie competenze secondo legge e coscienza.
La conferma arriva anche dalla Corte dei Conti che le ha riconosciuto essere l’unica provincia calabrese ad avere i conti in ordine. Molti gli investimenti fatti in questi anni dalla giunta di Oliverio: edilizia pubblica, scuole, viabilità ed impianti sportivi. Altrettanti investimenti sono previsti a tutto campo nel prossimo triennio, dal turistico allo sport, passando per il sociale, e anche la nascita di un fondo provinciale per la prevenzione del fenomeno usura cui si vuole dedicare particolare attenzione.
Insomma una provincia che vuole fortemente crescere in positivo pur avendo poco aiuto sia dallo Stato, sia dalla Regione. Se questo è il risultato, è bene continuare su questa strada, poiché il gradimento riscosso dal presidente Oliverio, l’ha portato al terzo posto nel sondaggio “Governance Pool” del Sole24 Ore.
Ma la buona amministrazione non deve ruotare intorno alla fede politica, ma alla voglia ed alla forza di voler cambiare in meglio. La Calabria a questo punto è veramente soltanto n’drangheta e mafia? Quando si smetterà con questa etichetta appiccicata addosso ai buoni calabresi?
Non si possono punire quei sindaci che hanno tenuto in passato un bilancio in pareggio, quando altri sforavano. Con le successive sanatorie - vedi oggi i casi di Roma, 500 milioni di euro, e Catania, 140 milioni di euro - e con i sussidi basati sulla spesa storica, chi più aveva speso, più ha continuato e continua a ricevere e chi meno ha speso, continua a patire. La situazione è aggravata dai ritardi nella compensazione per l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, un’imposta che pesa di più in quei Comuni che, penalizzati dagli scarsi sussidi centrali, avevano alzato il tributo locale.
E' partito dal Veneto con destinazione Roma, il movimento composto da quasi 500 sindaci, appartenenti ad ogni schieramento politico che, a gran voce, quale sostitutivo dell'ICI, chiedeva al governo italiano la compartecipazione al 20% dell'Irpef. L’idea è condivisibile se intesa come manovra immediata e transitoria: dà solo il necessario e ha il merito di rovesciare i ruoli, stimolando il governo a legiferare quanto prima. Non va bene se è intesa come riforma a regime.
Nel federalismo fiscale il finanziamento dovrà alla fine derivare, per varie ragioni, da un mix di fonti, tra cui potrebbe star bene anche la compartecipazione comunale all’Irpef: ma non al 20%. A quel livello, creerebbe troppe differenze tra comuni ricchi e comuni poveri, obbligando a complicate e controverse manovre compensative di perequazione, perequazione che deve però attenuare, ma non annullare, le differenze.
La compartecipazione sensibilizza i Comuni alla lotta all'evasione fiscale e contribuisce a distribuire le risorse pubbliche secondo le necessità. Infatti un maggiore sviluppo produttivo genera un maggior gettito fiscale che sarebbe restituito in quantità superiore ad altre realtà territoriali perché là dove è più forte la macchina produttiva, più spesa pubblica è richiesta. Viceversa essa però non responsabilizza il sindaco che si limita ad incassare una parte del gettito fiscale deciso dallo Stato senza perciò esercitare alcun freno sulla propria spesa pubblica.
Il federalismo fiscale invece imporrà che una buona parte della finanza locale poggi su tributi locali rendendo così il cittadino consapevole del costo e del beneficio dei servizi locali inducendo perciò un'autoregolamentazione nelle richieste. Ecco perché la giusta miscela tra compartecipazione, perequazione e federalismo fiscale sarà la via migliore ad una sana amministrazione locale.
Finalmente! Bene ha fatto il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta ad avviare la cosiddetta ”Operazione Trasparenza” con la pubblicazione, in internet, di tutte le “consulenze” degli Enti Pubblici che operano sul territorio, trasparenza che da tempo noi “CITTADINI ATTIVI” chiediamo, non solo nella pubblica amministrazione, ma anche nei partiti, in quanto entità riceventi il rimborso elettorale (finanziamento pubblico) che ammonta a circa 200 miliardi del vecchio conio all’anno - per un totale di circa 1000 miliardi di lire (!) - per una legislatura, intera od interrotta che sia.
Non capisco perciò la perplessità di quei Sindaci, Presidenti di Provincia o Governatori che oggi si oppongono alla nostra proposta di avviare commissioni bypartisan di verifica e controllo delle spese in consulenze esterne effettuate durante le ultime amministrazioni. E’ un dovere istituzionale verso il cittadino, ora sempre più in difficoltà a raggiungere la fine del mese, che ha il diritto di sapere come viene impiegato il suo denaro, ed ogni Amministrazione si deve sentire onorata nel poter dimostrare di saperlo fare al meglio.
L’importante non è vedere chi più spende ma chi spende meglio senza ridurre i servizi sociali ai cittadini o aumentare loro le tasse, senza dover, per esempio, asfaltare il verde pubblico a nuovi parcheggi solo per rimpinguare le “casse” del Comune.
I politici si affannano a precisare che non erano “consulenze” ma solo “collaborazioni”, “incarichi”, “assegnazioni” od altro, operando così un sottile distinguo che serve solo a confondere le idee al povero cittadino. In realtà si è speso denaro pubblico per incarichi esterni forse non valorizzando opportunamente la professionalità delle migliaia di pubblici dipendenti, in gran parte dotati di grande dedizione e voglia di fare.
Quale criterio adottare per valutare con imparzialità le spese effettuate? Noi proponiamo che, oltre agli importi, si rendano pubbliche, al singolo cittadino, anche le relazioni redatte a consuntivo di ogni singolo impegno di spesa. Il cittadino avrà così modo di verificarne i risultati sul territorio e si sentirà responsabilizzato nel pagare le tasse. La pubblica Amministrazione, invece, si sentirà stimolata nel gestire con responsabilità ed al meglio il frutto della quotidiana fatica dei suoi concittadini.
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