Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
295. Tanti sono i morti provocati dal terribile sisma che ha devastato l’Abruzzo e che si aggiungono agli oltre 1.600 feriti. Ma quanti di questi morti sono riconducibili alla forza della natura piuttosto che, invece, alla mala gestione di una classe politica che ormai, da tempo, dimostra tutti i suoi limiti etici e morali?
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano così si esprime sul terremoto d’Abruzzo: a rendere così tragico il bilancio, in termini di vite umane "hanno contribuito anche comportamenti come lo sprezzo delle regole e il disprezzo dell'interesse generale e dell'interesse dei cittadini". E’ sconvolgente lo scoprire come lo stato italiano, dal ’45 al ’90, causa l’inefficiente prevenzione, abbia speso oltre 75 miliardi di euro – circa 140 milioni di euro al giorno – il costo di 12 ponti sullo stretto di Messina, solo per tamponare i danni. Ha ragione il Presidente: non ci sono scuse!
Non era ancora trascorso un anno da quando l’Abruzzo veniva politicamente e moralmente sconvolto dalla scandalo che aveva decapitato la giunta regionale accusata di associazione per delinquere, corruzione e concussione per gestione privata nella sanità - queste le accuse che avevano portato la Guardia di Finanza ad arrestare il presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco, unitamente ad altri – che ora un’altra grave ferita colpisce la dignità dei suoi abitanti. Un anno, questo, per l’Abruzzo da dimenticare.
Solo 21 anni dopo il terremoto in Irpinia, 9 dopo l'alluvione in Valtellina, 3 dopo la frana di Sarno, nel 2001, si disponeva l’emanazione di specifiche norme tecniche relative alle costruzioni in zone sismiche che arrivarono solo nel 2003 e la cui applicazione fu rinviata più volte fino al 2005, quando furono approvate le Ntc “Norme tecniche per le costruzioni” la cui entrata in vigore è stata, di anno in anno, puntualmente prorogata. L’ultimo rinvio risale al 27 febbraio scorso (!), col solito decreto «milleproroghe» (nome quanto mai azzeccato), lo stesso usato da Prodi nel 2007, con il quale si posticipava l'entrata in vigore delle Ntc dal 30.6.09 al 30.6.10. Siamo il Paese del “tanto fumo (negli occhi del cittadino) e poco arrosto”, degli annunci, sotto la spinta emotiva del popolo, e delle successive proroghe, sotto la spinta delle lobby di potere. Nel frattempo non si contano più le vittime innocenti, soprattutto i bambini, e a San Giuliano di Puglia, il 31.10.02 crollava la scuola elementare uccidendo 27 scolari ed una maestra. “Dulcis in fundo”: anche la prima versione del recente “Piano casa”, proposto dal governo, allentava le vigenti normative antisismiche.
Sconvolge il livello di immoralità che ha raggiunto oggi la nostra società: si passa dall’utilizzare la più economica sabbia del mare per tagliare il materiale edile – corrodendo così i tondini di ferro e provocando il crollo di interi palazzi– al vantarsi, sul Tg1, nell’edizione del 7.4.09, degli ottimi dati auditel raggiunti con la diretta dai luoghi della tragedia, dal costruire, in 37 anni, l’ospedale “San Salvatore” dell’Aquila che costerà 9 volte più del necessario ed il cui cemento oggi si è sgretolato come la creta, alla recente “Casa dello Studente”, trasformatasi in pietra tombale per 8 ragazzi e nei cui pilastri mancava la “staffatura”, dalla denuncia per procurato allarme inflitta al ricercatore Giampaolo Giuliani reo di aver urlato ai quattro venti la sua convinzione, alla variazione attuata dalla Regione Abruzzo, nel 1983, quando abbassò il rating sismico dell’Aquila – da rosso ad arancione - che tale è rimasto fino ad oggi.
Un terribile dubbio allora a questo punto mi assale: ma, visti gli esempi ed assodato che il nostro è un Paese ad altro rischio sismico e provato che la nostra classe politica non è in grado di tutelare a fondo la vita dei suoi concittadini anche di fronte a queste catastrofi naturali, chi ci garantirà, in un prossimo futuro, la sicurezza di fronte ai possibili pericoli correlati alla recente svolta al nucleare? Solo ai nostri figli è delegata la risposta...
La grande corruzione politica irrompe di nuovo sulla scena italiana e non si salva nessuno. Anche se attivo da pochi giorni soltanto, al sondaggio sulla corruzione, che abbiamo lanciato dal nostro sito, gli italiani hanno risposto, per oltre il 73%, che, secondo loro, oggi in Italia, il livello di corruzione è superiore a quello del periodo di “Mani Pulite”. Possibile che la “Politica” e le più alte cariche Istituzionali dello Stato non si rendano conto della situazione? Facile, se pensiamo che in Parlamento siedono 25 “eletti” con condanna passata in giudicato, 8 condannati in 1° grado, 10 prescritti e 40 inquisiti.
L'Alto Commissario Anticorruzione, nel suo ultimo rapporto annuale scrive che “...le politiche nazionali sembrano muoversi come se il rischio corruzione non rappresentasse più un problema...” mentre recenti studi ”...rendono l'immagine di un Paese nel quale è prassi comune il pagamento di tangenti nell'aggiudicazione degli appalti, nell'ottenimento di licenze edilizie, nella realizzazione di operazioni finanziarie ma anche nel superamento di esami universitari, nell'esercizio della professione medica, nel mondo del calcio...”. Un sistema “...profondamente radicato nei più diversi settori della vita politico-amministrativa ma anche nella società civile, nel mondo delle professioni, imprenditoriale e della finanza”. Che facciamo? Espatriamo? Cambiamo Paese? “Non ci resta che piangere..” direbbero Roberto Benigni ed il compianto Massimo Troisi.
Ma non finisce qui. 'Trasparency International', nelle sue graduatorie sulla corruzione, ci colloca al 55° posto nel mondo dopo paesi quali il Portorico, il Botswana, la Malesia, il Costa Rica...ricordando che, nel 1993, in piena Tangentopoli, l'Italia era al 30° posto e nel 2007 era già scesa al 41° posto!
Quanto più la corruzione è diffusa e praticata, tanto minori sono i rischi di essere denunciati o scoperti e, di conseguenza, più elevato è il costo, per il singolo, nel rimanere onesto. Una classe politica corrotta ha quindi oggi tutto l'interesse, per difendere sé stessa, che la corruzione si diffonda sempre più. Tanto più questa cultura della corruzione si diffonde, tanto più si allentano i vincoli morali di condanna della stessa. La “questione morale” oggi si trasforma in una “questione amorale” dove nelle coscienze si assottiglia sempre più il confine che separa ciò che è lecito da ciò che è illecito. Tombale la conclusione dell'Altro Commissario: ”...la corruzione si considera diffusa in modo capillare anche dopo 'mani pulite' e con tendenza addirittura ad accrescersi”.
Ma allora a cosa è servita l'operazione 'Mani Pulite'? A nulla sembrerebbe, se non, per quanto affermava Piercamillo Davigo, a migliorare, secondo la teoria di Darwin, la “specie” dei corruttori. La Banca Mondiale ha calcolato che la corruzione, oggi in Italia, vale 50 miliardi di euro l'anno (!), onere che non rimane in carico al corruttore ma si ripercuote, come ulteriore prelievo occulto, sulle tasche dei già dissanguati cittadini italiani. Se pensiamo poi che, al confronto, la recente manovra anti-crisi del Governo vale 5 miliardi di euro - cioè 10 volte meno! - ci rendiamo conto di quanto grave sia il fenomeno e quale giovamento sarebbe per il Paese, per i precari, per i pensionati, per gli indigenti, per gli ammalati, per chi è in difficoltà, per i disoccupati, per tutti gli italiani, se questo vorace cancro della società fosse definitivamente debellato. E si ventilava l'ipotesi di abolire le intercettazioni ambientali? Giù le mani. Guai a chi le tocca!
Piove sul bagnato. “Governo ladro!” verrebbe spontaneo di dire. Ma non solo... Non solo la pioggia continua a cadere, giorno dopo giorno, in questo tormentato inverno inondando il nostro territorio ma incessantemente, dopo gli arresti che hanno decapitato la giunta regionale abruzzese, si susseguono gli arresti ed avvisi di garanzia in molte regioni d'Italia, dalla Campania allo stesso Abruzzo, dalla Toscana alla Basilicata, dalla Sicilia alla Calabria. Si salvi chi può!
Ed è un fuggi fuggi generale: l'elettorato che diserta, con una percentuale record del 50%, il voto regionale in Abruzzo dimostrando ancora una volta la sconfitta della “Politica” con l'ormai insanabile frattura creatasi tra il cittadino elettore ed una classe politica vecchia, oligarchica ed autoreferenziale non più rappresentativa del voto popolare; l'alleanza tra PD e Idv, che, dopo la recente sconfitta alle regionali dell'Abruzzo, viene ulteriormente compromessa dalle parole del direttore di Europa, quotidiano ufficiale del PD, Stefano Menichini: «È ora di rompere questa alleanza fasulla e suicida: subito e per sempre» che fanno seguito a quelle dell'on. Antonio Di Pietro: «Quei partiti che non sono né carne né pesce, che partecipano alle commissioni e che dicono "ma anche", alla fine vengono puniti» e dalla successiva ambigua dichiarazione dell'on. Paolo Gentiloni del PD che la mattina del 17.12, in diretta TV, afferma che il PD non ritiene che «...la soluzione ai problemi di discussione interna ai partiti sia la soluzione di partiti interamente personali, in cui il leader del partito, magari con il suo tesoriere accanto, controlla tutto, non si fanno congressi...tutto viene deciso da un signore che è il titolare del partito...» vicenda che trova il suo epilogo nell'autorizzazione concessa dall'Idv all'arresto del deputato lucano del PD, suo (ex?)alleato, Salvatore Margiotta la cui moglie era capo della squadra mobile di Potenza (!).
Sembrerebbe confermarsi sempre più l'idea che la collaborazione politica con l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro si trasforma spesso in un crudele “abbraccio mortale”. Si pensi alle storie che hanno visto protagonisti, tra i molti, gli onorevoli Elio Veltri, Pietro Mennea, Federico Orlando, Giulietto Chiesa, Achille Occhetto, i senatori Franca Rame e Federica Rossi Gasparrini e last but not least l'on. Walter Veltroni.
Una bufera giudiziaria che investe non solo il PD, che appare ora come un pugile suonato incapace di difendersi e di capire quale strategia politica adottare, ma che da tempo ormai interessa tutta la “Casta”. Basti solo ricordare, quali più recenti esempi, quelli di Italo Bocchino (AN) e Renzo Lusetti (PD e Cristiano Di Pietro (Idv) a Napoli, fino ad arrivare alle più note vicende Lonardo/Mastella (Udeur), Previti/Dell'Utri (FI), Totò Cuffaro (Udc), Paride Martella (Idv, Presidente di Acqualatina e, al tempo, consigliere personale del ministro Antonio Di Pietro), Credieuronord (Lega nord).
Quale garantista da sempre, l'augurio è che tutti possano dimostrare la loro più completa innocenza. Osservo però, e ne ho dimostrazione, che oggi il livello del confronto politico è così talmente povero di contenuti e privo di spessore personale che, sempre più spesso, molti cacicchi utilizzano la via giudiziaria quale arma per annullare l'avversario politico intasando le già ingessate Procure di atti strumentali. Segno questo di un paese ormai in irreversibile declino sul piano della tanto conclamata “questione morale”.
Non spetta alla magistratura riformare la politica ma è la stessa politica che dovrebbe avere, al suo interno, gli anticorpi necessari per compiere tale opera di pulizia. Ma non sembra essere proprio così. Che pensare quando si arriva al punto che gli stessi partecipanti al recente concorso per entrare in Magistratura – essenza suprema esprimente i testimoni della legalità - utilizzano l'illegalità per farla franca?
Già la “questione morale”. Esoterica presenza, spesso invocata per tornaconto personale ma mai compiutamente praticata, inutile a sciogliere il “bostik” che “costringe” sia Rosa Russo Jervolino sia Antonio Bassolino a restare ostinatamente avvinghiati alle loro poltrone di sindaco di Napoli e governatore della regione Campania. Avrà certo le “mani pulite”, come la Jervolino dichiara, ma ad entrambi difetta quel senso di responsabilità oggettiva e “morale” che loro deriva dall'essere l'una sindaco di una giunta in ipotesi di corruzione e l'altro governatore di una regione soffocata dall'immondizia.
Alle luce di tutto ciò noi, CITTADINIATTIVI, rinnoviamo il nostro appello a giornalisti, intellettuali, professori, magistrati, avvocati, scrittori, professionisti ed altri affinché condividano con noi – scrivendo a info@cittadiniattivi.it – un progetto di formazione di una nuova classe ed identità politica, che superi gli schieramenti e le ideologie, proiettato alla costruzione di un futuro, per il nostro Paese, basato sulla riaffermazione di quei principi e valori di onestà, per il bene comune, al tempo fondanti la nostra fase costituente postbellica e nella riaffermazione del richiamo contenuto nell'art. 54 della nostra Costituzione dove si afferma che “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.
Che dire di più? Nulla! Purtroppo il sarcastico Giulio Andreotti si sbagliava di grosso. Oggi, in Italia, il potere logora - e soprattutto corrompe – chi c'è l'ha!
Luciano Violante, Ds, alla Camera dei deputati, il 28 febbraio 2002 così si espresse:
«Ieri l'onorevole Adornato ha ringraziato il presidente del nostro partito (Massimo D'Alema, ndr) per aver detto che non c'è un regime. Io sono d'accordo con Massimo D'Alema: non c'è un regime, sulla base dei nostri criteri. Però, cari amici e colleghi, se dovessi applicare i vostri criteri, quelli che avete applicato voi nella scorsa legislatura contro di noi che non avevamo fatto una legge sul conflitto d'interessi, non avevamo tolto le televisioni all'onorevole Berlusconi... Onorevole Anedda, la invito a consultare l'onorevole Berlusconi, perché lui sa per certo che gli è stata data la garanzia piena - non adesso, nel 1994 quando ci fu il cambio di governo - che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l'onorevole Letta... A parte questo, la questione è un'altra. Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto d'interessi (la legge sul conflitto d'interessi, ndr), avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni... Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte!».
Non desideriamo formulare un giudizio di merito. Siamo anche consapevoli che il gruppo Mediaset garantisce il lavoro a moltissime famiglie italiane. Quello che ci preme capire è se la credibilità è ancora un valore in politica e quale sia la coerenza morale che lega gli obiettivi politici confessati a Montecitorio e le promesse elettorali o gli impegni di programma spesso dichiarati con clamore in TV. Parafrasando il comico Maurizio Crozza, verrebbe da dire: “Non capiamo la relazione!”
«Io non posso dirlo. Ma il precedente della Corte? Pecorella?». Questo il contenuto del messaggio, scritto sul bordo di una pagina di un quotidiano, che il Pd Nicola Latorre (foto) ha passato al Pdl Italo Bocchino, nel corso della trasmissione su La7 Omnibus, ospite anche il capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi. «Che un rappresentante dell’opposizione, mio alleato, suggerisca ad un esponente della maggioranza come attaccarmi durante un dibattito televisivo è una rappresentazione visiva della politica del compromesso che mira solo all’esercizio del potere», così poi commentava Massimo Donadi. In sostanza Latorre aiuta chi non dovrebbe aiutare per mettere in difficoltà chi dovrebbe essergli alleato.
Non si sono ancora spente le luci sulla grave accusa di “tradimento” pronunciata da Walter Veltroni nei confronti di Antonio Di Pietro, ai microfoni di Fabio Fazio, che ora sull’altare della commissione di Vigilanza Rai si è consumato l’ennesimo tradimento politico tra Idv e Pd a conferma del ben noto detto popolare: “fratelli, coltelli”, evento sul quale il senatore Latorre, in una intervista al Corsera, non facendo mistero del suo dissenso verso l'Idv, ha calato una pietra tombale «Questo è un episodio che segna in maniera seria i rapporti con l'Idv», riferendosi alla reticenza dipietrista nel proporre una rosa di nomi alternativi ad Orlando per uscire dall'empasse, a cui fa da sponda Roberto Gualtieri, altro esponente del Pd, che invoca «una discussione sugli evidenti errori di conduzione della vicenda», indicandoli «nell'alleanza privilegiata con l'Idv».
Una “sceneggiata napoletana”, all'insegna della più sfacciata ipocrisia e menzogna, celebrata all’ormai famoso “teatrino della politica” che vede: due commissari di opposizione (si suppone dalemiani) votare per il presidente Riccardo Villari indicato dalla maggioranza, Italo Bocchino sorridere ed escludere l'esistenza di «qualsiasi pizzino, perche' Latorre ha soltanto preso una penna e un po' di carta per scrivere un suo appunto», Walter Veltroni annunciare che «Mi ha telefonato ora il senatore Villari, per comunicarmi che andrà dai presidenti di Camera e Senato per dimettersi», il neopresidente della commissione di palazzo San Macuto confermare, per più giorni, le sue immediate dimissioni qualora «maggioranza e opposizione giungessero ad un nome su cui far convergere i propri voti» salvo poi dichiarare: «Zavoli? Nessuno mi ha detto niente. Io non lascio, i partiti facciano un passo indietro. Serve un atto di coraggio», Antonio Di Pietro accusare a Ballarò Berlusconi di aver tentato di portare dalla sua parte, prima lui, poi Leoluca Orlando, e per ultimo il presidente Villari: «Berlusconi? È un grande corruttore politico», al quale replica lo stesso Berlusconi: «Villari non lo conosco, non l'ho mai incontrato, a Orlando non ho mai proposto un appuntamento. Effettivamente a Di Pietro pensai nel '94 di proporre un ministero, ma allora non ero a conoscenza del fatto che da pm aveva messo in galera degli innocenti, persone poi neppure rinviate a giudizio. Avendolo conosciuto, ho rinunciato seduta stante a fargli la proposta. Di Pietro se dice queste cose deve andare dai magistrati a denunciarmi. Io lo denuncerò per calunnia», accuse rilanciate poi anche dal presidente Villari: «Di Pietro, pubblicamente davanti a tutti i mezzi di comunicazione, è passato alla diffamazione».
Inquietante poi l'utilizzo, in questa vicenda, del termine “pizzino”, parola che richiama alla mente la sempre sospettata connivenza tra politica e criminalità organizzata e il sospetto utilizzo, in politica, di metodologie affini a quelle di stampo mafioso.
Che dire? Il Paese subisce la recessione, è a crescita zero, il potere di acquisto di salari e stipendi si erode sempre più, gli investimenti hanno perso i due terzi del loro valore, l'industria è in crisi, i consumi calano, il lavoro è sempre più precario, la disoccupazione cresce e la classe politica si trastulla arroccandosi, con menzogne ed ipocrisia, su posizioni di principio, per più settimane, nella difesa di “poltrone” e relative prebende (!) come se il Paese non chiedesse altro, mettendosi così, sotto i piedi, la TV di Stato.
Prodi, in due anni, ebbe il suo bel daffare nel comporre le quotidiane divergente di una coalizione di centrosinistra composta da ben 9 partiti che “Unione” non si era mai rivelata tale. Ora la vicenda è indicativa del fatto che anche SOLO in due, nel centrosinistra, si litiga comunque, segno che, in realtà, al Paese sono proposte alleanze politiche il cui unico collante è l'opportunismo e non gli accordi di programma. Quando cessa l'opportunità, si sgretola l'alleanza.
Così Di Pietro fu eletto, in quota DS, nel collegio blindato del Mugello, così spesso si assume un atteggiamento di condiscendenza verso un partito più forte tradendo i propri elettori, così in politica si è disposti anche a “tagliare” la testa al proprio compagno di partito, reo, ad esempio, di non essere gradito al Sindaco del partito “alleato”, scambiando il tutto con il sostegno alla propria nomina al parlamento italiano. Una doppia verità per una doppia morale.
Si ha la sensazione di essere sul Titanic – il nostro Paese - che lentamente affonda e dove, sul ponte di comando, i partiti e la classe politica, incuranti delle emergenze, se le “suonano” di santa ragione. Un Paese che, lentamente, precipita dalle stelle alle stalle. E mai, come in questa occasione, si potrebbe perciò affermare che, di fronte alla farsa teatrale ora in scena al teatrino della politica, “...le "stalle" stanno a guardare...”.
“Con Di Pietro avevamo sottoscritto un programma per costituire un unico gruppo, quando si è accorto che aveva un numero sufficiente di parlamentari per costituirne uno da solo, Di Pietro ha stracciato quell'impegno». Duro il giudizio sull'ex pm: «Molto lontano dall'alfabeto della cultura democratica del centrosinistra». E ancora: "L'alleanza con Di Pietro è finita perché dopo le elezioni ha rotto il patto di programma e ha rifiutato il gruppo unico". Così si esprimeva, in TV da Fabio Fazio, Walter Veltroni, leader del Partito Democratico, parlando del suo ex alleato Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori. Secca la replica dell'ex pm: "Si arrampica sugli specchi, la verità è che il suo partito è inesistente, e negli ultimi mesi ha oscillato tra collaborazione con il governo e collaborazionismo".
Un patto elettorale e la promessa di formare un gruppo unico alla Camera sono andati in frantumi subito dopo il voto. Su questa alleanza si era schiantato tutto il centrosinistra alle ultime politiche: la scomparsa della sinistra radicale ed ambientalista, la caporetto socialista, la diaspora mastelliana. Su questa alleanza si era avvinghiata l'IDV per restare in Parlamento. Su questa alleanza il PD aveva giocato la sua sconfitta, su questa alleanza il PdL aveva costruito il suo granitico successo. Su questa alleanza si era costruito un programma di governo, su questa alleanza si era chiesto il consenso ad oltre il 37% dell'elettorato. Un patto tradito.
Ma non l'ultimo. Tra i tanti, come non ricordare il “salto della quaglia” compiuto da Mastella nel 1998? E quello compiuto da Dini nel 1996 e poi, l'ultimo, nel 2008? E le tanto promesse leggi sul “conflitto d'interesse”, innalzamento delle pensioni minime, abbassamento del prelievo fiscale, regolarizzazione del precariato, lotta a sprechi e privilegi della politica, sconfitta della criminalità organizzata e riqualificazione del meridione?
Il “teatrino” della politica. Una politica che non celebra nemmeno più i congressi nazionali. L'ultimo “vero” congresso, condito da una sana contrapposizione interna, è stato quello di Rifondazione Comunista. Alcuni partiti, negli ultimi 10 anni, non li hanno MAI celebrati, anche quei partiti supposti più virtuosi. La politica attuale: quanto di più effimero ed irrazionale la mente dell'uomo ha potuto partorire. Un mondo, oggi, dove non esiste confine tra la verità e la bugia, tra la convinzione e l'ipocrisia, tra l'idealismo e l'opportunismo. Altri tempi quelli della “Costituente” e del “miracolo italiano” del dopoguerra. E' alla politica che l'elettore delega la soluzione dei propri problemi, la gestione del Paese, la pianificazione del futuro dei propri figli. E' ai politici eletti che il cittadino medio chiede che le promesse siano mantenute.
Ma se si è pronti a tradire, per denaro, bieco opportunismo e tornaconto, addirittura gli impegni presi con gli alleati, chi potrà mai oggi garantire l'elettore che il suo voto sarà rispettato per le promesse fatte ed il mandato conferito? In politica, di questi tempi, sempre più affidabilità e coerenza non fanno più rima con decenza...
Non si spegne la polemica sul caso De Magistris. Continua a far discutere il suo allontanamento come Sostituto Procuratore della Repubblica al Tribunale di Catanzaro. Il suo torto è stato quello di occuparsi di casi di corruzione nella pubblica amministrazione e rapporti tra criminalità e politica.
L’inchiesta che ha sollevato tanto scalpore è denominata “Why not”, dal nome di una società di lavoro interinale di Lamezia Terme, la cui attività è uno dei filoni dell’indagine. Questa ruota attorno a presunti contatti tra l’imprenditore Antonio Saladino,.ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria e la cosiddetta “Casta”.
Il magistrato scopre che molto probabilmente questa società è finalizzata all’intercettazione di una gran parte dei finanziamenti pubblici erogati dalla Calabria e dall’Unione Europea per servizi, che vanno dalla sorveglianza idraulica alla tutela del patrimonio, gestione di banche dati e altri servizi informatici.
Perché tanta ingerenza del mondo politico in quello della giustizia? Altri indagati sono: Poletti l’attuale capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza, Nicola Adamo il vicepresidente della Regione Calabria, Mario Pirillo (DS) assessore regionale all’agricoltura e forestazione, Antonio Acri consigliere regionale dei DS. Insomma un intreccio interminabile, una lobby politico-affaristica che fa togliere l’inchiesta a De Magistris.
Ma veramente il magistrato ha violato i suoi doveri nella conduzione delle inchieste (comprese anche la Poseidone e la toghe lucane) o aveva scoperto troppo? Forse si, ma non solo questo, voleva solo fare il suo dovere e perseguire la giustizia, indipendentemente da chi fosse il colpevole.
Mostrare il volto onesto della Calabria, di quella Calabria con i suoi onesti cittadini che producono e lavorano a dispetto di tutto e di tutti. Ancora uno schiaffo alla Calabria bistrattata. Ma non è ancora finita. Nonostante la sezione disciplinare del CSM dovrà pronunciarsi l’11 gennaio 2008 sulla richiesta di trasferimento d’ufficio in tutta Italia sono partite petizioni pro De Magistris, gli italiani si sentono tutti vicini al magistrato della vera giustizia che i potenti vogliono fuori dalla Calabria.
Illustre Signor Presidente,
è davvero con molta tristezza nel cuore che mi accingo a vergare questa lettera, la stesura della quale mi costa davvero molta fatica: diverse settimane ho atteso prima di decidermi a scriverLe, perché combattuto era il mio animo epperò una voce interiore mi diceva che non vi dovevo rinunciare, memore anche di quella frase che ai tempi del liceo mi disse un vecchio preside dall’alta statura morale e che per me è diventata regola di vita: “Amicus Plato, sed magis amica veritas”.
Il gesto che mi accingo a compiere non è frutto di reazione immediata o vuota protesta, ma di ponderata e davvero sofferta riflessione: non potevo esimermi dal compierlo nelle Sue mani in quanto “Capo dello Stato” (Art. 87 della Costituzione) e l’attendere ancora mi avrebbe procurato ancor più sofferenza interiore di quanto da diverso tempo non provi. Oggi in Italia “Tutto è perduto, anche l’onore”: a leggere il libro bellissimo e puntuale di Gian Antonio Stella La Casta, da poco uscito, è davvero aumentata ancor di più la mia indignazione morale già notevole prima. Basterebbe solo un fatto per fare impallidire ogni persona che credesse ancora nella Politica: come vede uso la maiuscola, riferendomi però al passato e pensando a uomini quali Giorgio La Pira o Enrico Berlinguer. Racconta il giornalista che a marzo 2007 “Alla Camera su 629 collaboratori ufficiali quelli regolarmente assunti erano solo 54: tutti gli altri erano pagati in nero.” (pag. 15) Proprio nel “Tempio” laico per eccellenza dove “Ogni membro rappresenta la Nazione” (Art. 67 della Costituzione) e vengono scritte le Leggi, le medesime senza pudore alcuno sono violate: perché penso che Lei sarà d’accordo con me nel ritenere la retribuzione in nero non certo rispettosa della Legge! Ma l’esempio non dovrebbe venire da chi è rivestito di alta funzione e dovrebbe intendere la Politica come servizio verso il prossimo? Scriveva La Pira (certo Lei Signor Presidente è a conoscenza che su di Lui è in corso il processo di Beatificazione: quale abissale distanza con la politica di oggi……) a proposito dell’impegno politico: “La sola metodologia di vittoria è la rinuncia a se stessi, il distacco radicale dalla propria piccola sfera, l’apertura (come conseguenza di questo distacco e di questo taglio) alla sfera mondiale di Dio: gli strumenti che suggerisce l’ambizione, la colpa, la meschinità, sono strumenti radicalmente privi di efficacia politica.” Uno può anche essere non credente, come chi Le scrive, ma queste parole sono di una bellezza e autenticità unica.
Oggi invece la Politica ha abbandonato ogni ideale ed è diventata meschino gioco di potere, intrallazzo: chi ha approvato leggi a proprio uso e chi ha bellamente detto “Siamo padroni di una banca” dimenticandosi totalmente dei poveri che certo padroni di banche non sono!!! Eppure “Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles. Esurientes implevit bonis, et divites dimisit inanes.” recita il Magnificat. Quanto lontane e dimenticate queste parole del grande Berlinguer a Lei certo caro: “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai-Tv, alcuni grandi giornali…” (da La Repubblica, 28 luglio 1981). Sembrano scritte in questi tragici e tristi giorni: e certo quella grande figura presto dimenticata oggi “si rivolterà nella tomba”!!!
Quindi, Illustre Signor Presidente, io non mi sento più nel profondo della mia coscienza di andare a votare: ho iniziato a farlo dalle recenti Amministrative e con questa lettera restituisco a Lei, massima Autorità della Nazione, il mio certificato elettorale, nel contempo riflettendo se non sia anche il caso che mi dimetta da cittadino italiano, tanto è il senso di sconforto, e mi perdoni, ma di vero e proprio schifo che oggi provo per la situazione nella quale è caduta la nostra Patria! Se non avessi ancora il mio amato e anziano padre di certo già sarei emigrato.
Ma allora perché sono morti coloro che hanno lottato nella Resistenza? Io bene spesso leggo le loro lettere: a paragone delle varie dichiarazioni dei politici attuali sono oro rispetto ad ammuffito rame.
Mi perdoni Illustre Signor Presidente se Le ho rubato del tempo: ma forse questa Lei neppure la leggerà, come del resto purtroppo fanno tutti i deputati che pure hanno una casella di posta elettronica….. Giovanni XXIII soleva ripetere: “La cortesia è un ramo della carità”. Ma ovviamente queste grandi figure non interessano a nessuno oggi in questa Italia malata e il loro insegnamento è “Canna sbattuta dal vento”. Sì, Illustre Signor Presidente, io davvero mi vergogno oggi di essere italiano.
Con i più cordiali saluti. Pax et bonum.
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