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RASSEGNA STAMPA

n. 1189 del 21/06/2007

«ANCH' IO INTERCETTATO, FINIRÒ SUI GIORNALI PER FRASI IRRILEVANTI»

Mastella e il caso Catanzaro

_________________________________________________________________________

CATANZARO - I dialoghi telefonici tra Antonio Saladino, responsabile per il Sud Italia della Compagnia delle Opere (vicina all' Opus Dei, se non sua diretta emanazione) e politici di primo piano, sono decine. Quasi quanti gli «omissis» con cui sono stati coperti nel decreto di perquisizione del pm Luigi de Magistris. Per evitare strumentalizzazioni e polemiche, sostengono i magistrati di Catanzaro.

Le polemiche, tuttavia, sono già esplose ieri sera, quando il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha detto di aver saputo che oggi «sarebbe potuto toccare a lui».

«Ho avuto notizia - ha detto Mastella - che domani saranno pubblicati dalla stampa brani di conversazioni che sarebbero intercorse tra me e un imprenditore (Saladino, ndr) indagato dall' autorità giudiziaria di Catanzaro, le cui utenze erano evidentemente sottoposte a controllo. Emergerà chiaramente dal contenuto di tali conversazioni la loro assoluta irrilevanza, non avendo mai avuto con l' interessato rapporti di affari». L' inchiesta a cui si riferisce il ministro non è questa sui fondi Ue e il «comitato d' affari» che li piloterebbe, ma un' altra, denominata «Why not», in cui è indagato anche Saladino.

La telefonata tra Saladino e Mastella sarebbe avvenuta a marzo dell' anno scorso e in essa il ministro sarebbe indicato soltanto come «Clemente». Saladino vorrebbe incontrare Mastella lo stesso giorno della telefonata e presentargli due persone. Il ministro acconsente, però vorrebbe ricevere i tre non subito, ma in tarda mattinata. Un orario che per Saladino non va bene e che fa saltare l' incontro. Mastella tuttavia non ha rinunciato alla battuta. «Poiché si indaga su un comitato affaristico-massonico - ha detto - tutti sanno che dal 1947 io sono affiliato alla loggia di Ceppaloni».

L'inchiesta, intanto, continua. Ieri, riflettori puntati su co.co.pro. e «figli di». Ovvero, collaboratori continuativi a progetto e figli di politici, militari e magistrati. Tutti assunti attraverso l' intermediazione di Antonio Saladino.

I «figli di», però, erano più fortunati dei co.co.pro. Loro, sostiene l' accusa, grazie a Saladino venivano assunti e basta. Così, per esempio, i figli dell' ex ministro Giuseppe Pisanu (FI), dell' attuale sottosegretario alle Infrastrutture Luigi Meduri (Margherita) e del consigliere regionale Pino Guerriero (Sdi). E poi tutti gli altri, che pure un pò figli si possono considerare, in quota ai parlamentari, consiglieri e assessori regionali calabresi Fuda (Pdm), Gallo (Udc), Pirillo (Margherita), Acri (Ds), Dima (An), Luzzo (Italia di Mezzo). Gli altri, i co.co.pro. (490, assunti con contratti di lavoro in affitto stipulati da Saladino) DOVEVANO INVECE VERSARE UNA PARTE DELLO STIPENDIO (DAL 15 AL 50%) AL CONSIGLIERE O ASSESSORE REGIONALE (non lo facevano solo in tre: Doris Lo Moro, Chiarella e Magarò) che li aveva chiamati nel proprio staff. Una «trattenuta», dice sempre l' accusa, che variava in base alla «esosità» di chi la riscuoteva.

Tra i più esosi l' assessore regionale Tripodi (Pdci), il vicepresidente della giunta Adamo (Ds, che avrebbe persino un conto corrente cointestato con i co.co.pro. del suo staff), il deputato Morrone (Udeur) e IL CONSIGLIERE FERAUDO (ITALIA DEI VALORI).

Intanto, Piero Fassino chiede «accertamenti rapidi» e il segretario Udc, Lorenzo Cesa, dice: «Ho le mani pulite». (Carlo Vulpio)


Corriere della Sera, 20.6.2007


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