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EDITORIALI E COMUNICATI

n. 1200 del 21/06/2007

QUANTO COSTA LA CORRUZIONE

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(Marco Arnone) - Sappiamo di essere un paese corrotto. Ma c’è forse qualcuno che crede che questo attenga alla sfera dell’etica piuttosto che a quella dell’economia. Oppure, che un po’ di corruzione non guasti, lubrifichi i meccanismi del mercato, liberando gli operatori da noiose e inefficienti pastoie burocratiche. Nulla di più sbagliato. In un’epoca di globalizzazione, la corruzione è uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico del paese. Infatti, la Banca Mondiale ha identificato la corruzione come l’impedimento più importante allo sviluppo economico e sociale. (1)

Corruzione e variabili di governance

Sulla base di dati pubblicati da Transparency International relativi a quasi tutti i paesi del mondo, in fatto di corruzione "percepita" l’Italia è più vicina ai paesi emergenti che non a quelli Ocse. Dopo i miglioramenti seguiti a "Mani Pulite", dal 2001 assistiamo a un chiaro peggioramento (figura 1). E come potrebbe essere diversamente se il segno più tangibile della lotta alla corruzione nel nostro paese è che l’alto commissario contro la corruzione è alle dipendenze funzionali della presidenza del Consiglio, in barba al principio che una Autorità dovrebbe essere indipendente dal potere politico?

Come i recenti scandali finanziari e bancari hanno evidenziato, supervisione e regolamentazione dei mercati sono elementi necessari di una buona governance in quanto impediscono lo sviluppo di comportamenti e attività anticoncorrenziali. Per la sua importanza, il mercato bancario è stato oggetto di una particolare attenzione da parte delle istituzioni finanziarie multilaterali e internazionali, oltre che delle autorità nazionali.

Corruzione e livello qualitativo della supervisione bancaria sono negativamente correlati: a paesi con una migliore supervisione bancaria è associato un minor livello di corruzione. (2)

Lo stesso emerge anche per i mercati obbligazionari e quelli assicurativi. Questi dati, pur non costituendo evidenza statistica e con tutti i caveat delle relative classificazioni, sono molto indicativi.

Inoltre, la trasparenza è una condizione necessaria per una buona governance della cosa pubblica. Difatti, se l’azione dei policy maker non è vincolata da regole di trasparenza e chiarezza, diminuisce la capacità delle istituzioni di controllo e dei cittadini di sorvegliare le decisioni prese in ambiti discrezionali. I dati (su cinquanta dei paesi considerati nella figura 2) mostrano che trasparenza dei supervisori bancari e qualità del sistema di supervisione bancaria sono strettamente correlate (figura 3). Gli stessi risultati si riscontrano, oltre che nei singoli mercati finanziari, anche per la politica monetaria e quella fiscale: quanto più trasparente è l’azione delle autorità di politica monetaria e fiscale, tanto migliore è la governance di un paese e tanto più basso è il livello di corruzione. (3)

I paesi "esportatori"

La globalizzazione dei mercati ha anche messo in evidenza che alcuni paesi sono più propensi di altri a "esportare" corruzione. Alcune multinazionali sono infatti più inclini di altre a corrompere i pubblici ufficiali del paese dove operano, "esportando" quindi episodi di corruzione. Esiste una relazione positiva tra livello di corruzione interna e livello di corruzione esportata dai singoli paesi: dove il grado di corruzione è alto, gli operatori tendono a esportare questa tipologia di cultura di impresa nel resto del mondo. La possibilità che i paesi corrotti possano contagiare gli altri rappresenta un pericolo per la comunità internazionale nel suo complesso e rende sempre più necessarie politiche nazionali e sovranazionali per combattere il fenomeno. Pur avendo ratificato la Convenzione Ocse sulla corruzione di pubblici ufficiali stranieri, l’Italia si situa fra i massimi "esportatori di corruzione", e i valutatori dell’Ocse hanno espresso il loro disappunto perché il Governo italiano ha impedito una piena valutazione dell’implementazione della Convenzione nel nostro paese. (4)

La situazione italiana

L’attuale Governo sembra refrattario a considerare i reati economici come qualcosa di serio. L’approvazione in Parlamento della legge ex-Cirielli (ed ex salva-Previti), che taglia sostanzialmente i tempi di prescrizione di moltissimi reati economici, compresi corruzione, concussione, estorsione, truffa, falso in bilancio, usura; l’uso dei condoni fiscali; la mancata definizione della legge sul "risparmio" (che poi sarebbe sulla governance) a due anni dal crack Parmalat: sono tutti elementi che sembrano indicare una via maestra del modo di gestire i rapporti economici. Peccato che sia opposta a quella intrapresa dal resto dei paesi civili. E che abbia costi enormi per il paese.

È urgente invece riprendere seriamente la lotta alla corruzione e nei prossimi mesi di campagna elettorale sia il centrosinistra che il centrodestra dovrebbero porla come tema prioritario, insieme alla questione morale e alla governance della Banca d’Italia. Non solo per motivi etici, ma anche perché corruzione diffusa e cattiva governance economica sono fondamentali determinanti della sempre più bassa competitività del paese.

_____________________________________

*Convenzione sulla lotta contro il pagamento di tangenti di pubblici ufficiali stranieri relativamente a transazioni commerciali internazionali.

(1) I dati presentati in questo articolo sono solo un limitato sottoinsieme della gran mole di variabili istituzionali che negli ultimi anni si è sviluppata nella letteratura sulla governance. Valgano a mo’ di esempio le variabili di Kaufmann, Kraay e Mastruzzi della Banca Mondiale e il cap III, "Building Institutions" del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale di settembre 2005. Alcuni dati vengono qui presentati in versione divulgativa, come semplici correlazioni, ma vi è una ampia letteratura empirica sulle relazioni non spurie fra variabili di governance, corruzione e performance economica.

(2) La supervisione bancaria è approssimata dal rispetto del "principi di Basilea" valutati dal Fmi su un campione di 89 paesi, come riportato in figura 2. I "Basel Core Principles" comprendono venticinque principi-base che devono essere implementati perché un sistema di supervisione bancario sia efficace. Questi principi sono un insieme minimo, e possono essere integrati da altri se i supervisori lo ritengono necessario. (Banca per i Regolamenti Internazionali, 1997, www.bis.org/publ/bcbsc102.pdf ). La valutazione sulla rispondenza dei singoli paesi agli standard di Basilea è stata demandata al Fmi.

(3) Si veda Arnone, Iliopulos (2005) e F. Hameed, Fiscal Transparency and Economic Performance, IMF, mimeo, Washington DC.

(4) Il riferimento alla valutazione dell’Ocse sull’implementazione della relativa Convensione è pubblicato sul sito dell’organizzazione: "Report on the Application of the Convention on Combating Bribery of Public Officials in International Business Transactions and the 1997 Recommendation on Combating Bribery in International Business Transactions", 29 novembre 2004.


La Voce.info, 12.12.2005


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