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RASSEGNA STAMPA

n. 1220 del 21/07/2007

TAGLI A COSTI POLITICA: SFORBICIATINE GENEROSE

Santagata presenta il disegno di legge. Alemanno (An): misure ridicole - Telefonate via Internet, risparmi su cellulari e auto blu. Meno consiglieri per regioni, province e municipi. Chiusi gli enti inutili

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Trecentoventitré metri pro capite, ai nostri deputati, non bastavano. Stavano strettini. E così la Camera, per far fronte alla crescita smisurata dei gruppi parlamentari, è stata costretta ad affittare, 6 mesi fa, un appartamento di 600 metri in piazza San Lorenzo in Lucina, due passi da Montecitorio. Al modico affitto di 356.400 euro l'anno: 29.700 al mese. Un dato che, da solo, dimostra la sproporzione tra l'enormità dei costi di una politica impazzita e la volonterosa sforbiciatina decisa dal governo. Il cui disegno di legge, se riuscisse davvero a far risparmiare 1.300 milioni di euro, rivelerebbe in modo lampante come si possa tagliare molto di più.

«La montagna ha partorito un topolino», commenta il nazional-alleato Adolfo Urso. «Per qualunque cosa a loro interessi propongono un decreto di immediata esecutività, quando devono soltanto fare degli annunci, come stavolta col taglio dei costi della politica, propongono invece disegni di legge che verranno approvati nel mese del poi e nell'anno del mai», ridacchia il leghista Roberto Calderoli. «Dopo innumerevoli annunci ci si aspettava qualcosa di serio e invece il governo Prodi, al posto di annunciare il taglio immediato del numero di ministri e sottosegretari del governo più numeroso d'Europa e della storia italiana, annuncia un ddl per tagliare qualche telefonino e qualche auto blu…», accusa il forzista Gregorio Fontana.

Pulpiti sbagliati, per le prediche: i bilanci ufficiali dicono che negli anni 2001-2006 in cui governavano loro, con una maggioranza larghissima, le spese per gli organi costituzionali (dal Quirinale alla Camera, dal Senato alla Corte Costituzionale) si impennarono del 23% oltre l'inflazione. Né si ha memoria, su questo fronte, di qualche riforma significativa. Per tacere del numero di ministri e sottosegretari: prima che a Romano Prodi, che svetta oggi solitario in cima alla oscena classifica, il record di poltrone apparteneva a Giulio Andreotti (101) seguito con 98 dal terzo governo guidato da Silvio Berlusconi: 56 in più del primo governo De Gasperi. Insomma: chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Detto questo, è fuori discussione che sul versante della lotta alla crescita abnorme dei costi della politica era lecito aspettarsi molto, molto, molto di più. Confida il ministro Giulio Santagata (nella foto) agli amici che lui ce l'ha messa tutta, che avrebbe voluto incidere il bisturi più in profondità, che si rende conto perfettamente che dopo tanta attesa il disegno di legge varato ieri dal Consiglio dei ministri (e destinato a un cammino ricco di insidie e lungo lungo, al punto che non si entrerà probabilmente nel vivo prima di gennaio) può apparire insufficiente. Sospira che il governo non può mettere mano a certi capitoli che sono di esclusiva competenza altrui. E sbuffa lasciando capire che sui giornali tutti si riempiono la bocca ma poi, nelle segrete stanze, da sinistra e da destra, arricciano il naso davanti a questo e a quello. Come Francesco Rutelli che, davanti al taglio dei consigli circoscrizionali, avrebbe mostrato di essere assai riottoso. Fatto sta che su questo punto il documento governativo, stando alla relazione illustrativa, è per lo meno ambiguo. Dice infatti che sì, certo, bisogna «eliminare i consigli circoscrizionali nei comuni con popolazione inferiore a 250.000 abitanti (attualmente, la soglia minima è di 100.000)» ma aggiunge che va prevista «la possibilità di istituire circoscrizioni per i comuni aventi popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti ».

Una subordinata che, potete scommetterci, sarà interpretata, in un Paese ricco di furbetti, col tentativo di riproporre esattamente il quadro di prima: basterà cambiare il nome. Per carità, qualche sforzo di buona volontà si vede: l'impegno a una maggiore trasparenza, un giro di vite sulle società miste e sui consigli di amministrazione (dei consiglieri della Società autostradale Brescia-Verona-Vicenza-Padova i politici riciclati e non sono 11 su 15), una stretta alla distribuzione di cellulari ai dipendenti regionali, una razionalizzazione delle spese telefoniche con l'uso delle chiamate via Internet, una serie di nuove norme sui contratti flessibili per arginare la discrezionalità con cui certe amministrazioni locali vanno ad «aggirare i divieti esistenti di procedere a nuove assunzioni», una omogeneizzazione di compensi degli amministratori che oggi per fare lo stesso lavoro in luoghi diversi prendono buste paga diversissime, un limite al cumulo di incarichi, una disposizione perché i compensi dati ai consulenti non solo siano pubblici ma diventino operativi solo «dopo» la loro pubblicazione on line. E infine una riduzione del 20% (anche se la strada per arrivare al traguardo sarà assai accidentata) dei consiglieri e degli assessori regionali, comunali e provinciali. Nonché delle loro indennità e dei rimborsi.

Evviva. Ma è davvero poco. Manca ogni accenno alla proposta avanzata da più parti di sopprimere le province. Manca ogni accenno all'accorpamento di un po' di comuni, anche se ce n'è uno come Monterone, in provincia di Lecco, con 33 abitanti. Manca ogni accenno alla necessità non solo di rendere i bilanci trasparenti ma leggibili: a cosa serve che vadano su Internet se poi l'«acquisto di giornali e libri» per una somma enorme (128 mila euro) può essere nascosta dalla Regione Sicilia sotto 7 voci esattamente uguali ma sparpagliate in capitoli diversi? Manca un impegno a ridurre, ora e non domani o dopodomani, i membri di un governo troppo obeso. Manca perfino l'incompatibilità, che era stata chiesta dalle stesse comunità montane, tra l'essere comune di mare e comune di montagna. Per non dire del silenzio, accanto alla timida voce del governo, degli altri organi costituzionali chiamati a far la loro parte. Come il Quirinale, che non ha ancora detto se quest'anno renderà finalmente pubblico il suo bilancio. Come la Camera e il Senato, dove anche gli uomini di buona volontà (e ce ne sono) magari aboliranno la barberia ma non riescono a metter freno all'aumento «automatico» delle spese dovuto a un sistema impazzito, come nel caso citato del dilagare di edifici parlamentari che con la targhetta «Montecitorio» occupano complessivamente ormai 204.212 metri quadri pari alla superficie di 14 basiliche di San Pietro, 31 campi da calcio internazionali o 420 campi da basket. Ce lo possiamo permettere? Questo è il nodo. Anche a dispetto di Massimo D'Alema. Il quale, durante una recente cena in Sudafrica, ha sbuffato davanti a un bel po' di testimoni che uffa, tutte queste polemiche sui costi della politica sono solo farina del sacco di «giornalisti sfaccendati»… Mica male, per uno che aveva detto: «Rischiamo di essere travolti…». (Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella)


Corriere della Sera, 14.07.2007


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