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RASSEGNA STAMPA

n. 1241 del 22/07/2007

CONSORTE: SALVIAMO FRASCA

Se Fazio era il grande alleato di Fiorani, una telefonata tra Consorte e Latorre fa pensare che Francesco Frasca, allora capo della vigilanza di Bankitalia, fosse la sponda di Unipol. Il 5 luglio, mentre Fazio cerca di piegare i due ispettori che dipendono da Frasca (e sono contrari alla Popolare di Lodi), Consorte annuncia al diessino Latorre: «Dobbiamo salvare Frasca. Ne voglio parlare con te e Massimo da parte. Frasca lo stanno crocifiggendo per colpa di quel maiale del Governatore». Un accenno alle autorità di controllo è contenuto anche in una telefonata tra Fassino e Consorte, che gli rivela: «È andata bene... Oggi ho incontrato Cardia con tutti i dirigenti lì della Consob e io gli ho spiegato quello che vogliamo fare. Gli ho detto che ci sono i presupposti per un accordo e che poi... ci stiamo orientando, anche se non c'è una decisione, a fare una contro-Opa cash. Loro molto tranquilli, contenti. Mi hanno detto: va bene».

In quei giorni Consorte non è affatto sicuro di poter battere i banchieri spagnoli del Bilbao, alleati del vecchio patto di controllo della Bnl, e si lamenta con Latorre dei loro presunti appoggi: «Imi, Intesa, Capitalia, Unicredito... ci stanno impedendo di fare l'operazione... Massimo deve chiamare...».

Fassino assicura sostegno a Consorte anche contro il numero uno di Fiat e Confindustria: «Ho fatto una telefonata di fuoco a Montezemolo... Gli ho detto: adesso basta, adesso basta. Volete la guerra, l'avrete, dico». In altre telefonate, Fassino conferma a un preoccupato Consorte che «Generali e Della Valle vedono di buon occhio gli spagnoli». Il 5 luglio il segretario dei Ds richiama il manager dopo aver visto Luigi Abete, allora presidente di Bnl, confermandogli che questi si presenta come «il portavoce tra Generali e Della Valle», per cui «è preoccupato» dell'accordo «tra Unipol e Caltagirone». Il 6 luglio Consorte e Latorre, parlano del 7 come «giorno chiave». Consorte teme che Caltagirone possa defilarsi insieme alla sua cordata di immobiliaristi, anzi possa vendere ai rivali il suo pacchetto del 27 per cento. E qui Consorte propone a Latorre: «Sarebbe meglio che D'Alema chiamasse Caltagirone».

Il 7 luglio, ore 9.37, è Latorre a chiamare Ricucci:

Latorre: «Oggi mi pare che... è una giornata importante per...».

Ricucci: «Sì».

Latorre: «Per una delle questioni...».

(...)

Ricucci: «Tra due giorni mi devo... riuscire ad andarmene dall'ufficio, perché se no, non riesco più manco a sposarmi...».

Latorre: «...no, no... per l'amor di Dio, prima la famiglia e poi tutto il resto».

(...)

Ricucci: «Ti volevo dire che ho letto qui l'intervista di Fassino».

Latorre: «Non l'ho letta».

Ricucci: «Eeh... ha fatto una presa di posizione positiva su di me e io lo volevo ringraziare ».

Latorre: «Lo vedo alle 12.30, tra l'altro oggi è una giornata campale... Si capisce come finisce questo film di Bnl».

Ricucci: «Eh, certo...».

(...)

Ricucci: «L'altro giorno sono stato insieme con Gianni, con Consorte...».

Latorre: «Uhm».

Ricucci: «Insomma, noi abbiamo dato la nostra disponibilità».

Lo stesso 7 luglio, alle 20.46, Fassino chiama Consorte. Il manager informa il politico che Caltagirone è pronto a vendere e bisogna trovare i soldi. Tre minuti dopo Consorte ripete la stessa informazione a Latorre.

Alle 23.19, prima di passare la cornetta a D'Alema che commenterà «facci sognare», Consorte svela a Latorre anche come sta cercando finanziamenti.

Consorte: «Nico'!».

Latorre: «Sei arrivato?».

Consorte: «Eh, sono arrivato, sì...».

Latorre: «Dove cavolo stai? A cena stai, eh?».

Consorte: «No, sto qua con i nostri amici banchieri a vedere come cavolo facciamo a rimediare 'sti soldi».

L'8 luglio Latorre è di nuovo al telefono con Ricucci.

Latorre: «Pronto?».

Ricucci: «Senatore!».

Latorre: «Ohè».

Ricucci: «Abbiamo fatto un bel regalo, eh, gli abbiamo fatto a Gianni».

Latorre: «Eh?».

Ricucci: «Dico, diglielo a Gianni che abbiamo fatto 'sto regalo, eh!».

Latorre: «Io non... quando parlo con... Non lo... spero di sentirlo, ma lui, lui in questi giorni siccome è impegnato in questa cosa, si è chiuso ermeticamente, diciamo, chissà se riesco».

Ricucci: «No, no. Ha parlato pure con Fassino... Va beh, con Piero... cioè parlava ieri».

Latorre: «Ah, ho capito, ho capito».

Ricucci: «E quindi gli abbiamo fatto un regalo, gli abbiamo fatto. Su un piatto d'argento gliel'abbiamo servita, eh!».

Latorre: «Ho capito».

(...)

Ricucci: «Gli hai detto a Piero, a Fassino, che lo ... l'ho ringraziato? L'hai ringraziato per me?».

Latorre: «Gliel'ho detto, gliel'ho detto...».

Ricucci: «Eh!».

Latorre: «Stava al convegno e gliel'ho detto».

Consorte, quando ha ormai chiuso l'operazione e sta per annunciare ufficialmente il lancio dell'Opa, ne informa Fassino, che ne ignora ancora tutti i particolari. Finora si pensava che la sua prima reazione fosse stata «allora abbiamo una banca», mentre ora si scopre che il virgolettato è diverso e che Fassino si è corretto subito.

Consorte: «Ciao Piero, sono Gianni».

Fassino: «Allora? Siamo padroni della banca?».

Consorte: «È chiusa, sì».

Fassino: «Siete padroni della banca, io non c'entro niente». (Ride).

Consorte: «Si, sì, è fatta».

Fassino: «È fatta».

Consorte: «Abbiamo finito proprio cinque minuti fa, è stata una roba durissima, però, insomma...».

Fassino: «E alla fine cosa viene fuori? Fammi un po' il quadro, alla fine».

Consorte: «Alla fine viene fuori che noi abbiamo... eh... diciamo quattro banche... dunque, quattro cooperative...».

Molto più informato appare D'Alema, che il 14 luglio, mentre Consorte è ancora nel pieno delle trattative, sembrava addirittura reclutare per Unipol un alleato importante, Vito Bonsignore, azionista Bnl ed europarlamentare Udc.

Nella stessa telefonata Latorre, che è vicino a Stefanini, passa la cornetta a D'Alema, che dice a Consorte: «Ringrazia i nostri amici». Poco dopo D'Alema aggiunge: «Fate bene i conti, non sbagliate i conti». Secondo Stefanini, «dà fastidio che arrivino altri nel salotto buono». Ma D'Alema rassicura Consorte: «Comunque ho fatto un po' di chiacchierate anche milanesi... Insomma, alla fine, se ce la fate, poi vi rispetteranno». (Paolo Biondani)


Corriere della Sera, 13.06.2007


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