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EDITORIALI E COMUNICATI

n. 1434 del 04/02/2008

LIBANO SENZA PACE PER LE TROPPE INFLUENZE ESTERNE

Ci è voluto poco perché una manifestazioni di protesta si trasformasse in una tragedia. La manifestazione che ha dato vita agli scontri era stata organizzata per protestare contro i tagli dell'elettricità: da Shiyah, il quartiere a maggioranza sciita dove era in corso la protesta, ieri sera gli scontri si sono estesi alla zona di Al Rihab, Qafaat, Mar Elias.

Tutto ha avuto inizio intorno alle 16 ora locale, quando alcune decine di dimostranti hanno bloccato la circolazione all'incrocio nei pressi della chiesa cristiano-maronita di Mar Mikhael, nel quartiere di Shiyah. I soldati sono intervenuti per disperdere i manifestanti, ma la situazione è rapidamente degenerata e ha avuto inizio la sparatoria. L'esercito ha operato numerosi arresti, ma - non appena si è diffusa la notizia che tra i morti c'era un militante di Amal, maggior gruppo sciita dopo Hizbollah - altre centinaia di giovani dimostranti hanno cominciato ad accorrere e i soldati hanno preferito ritirarsi dalla zona degli scontri.

Dicevamo che è bastato poco per far esplodere la tensione e la rabbia che il popolo libanese ha accumulato in questi mesi nei confronti dei partiti politici che hanno portato il paese in una crisi politica ed istituzionale profonda, che non sarà risolta a breve termine. La ragione principale sta nel fatto che l'elezione del presidente libanese non è una questione esclusivamente libanese. Numerose potenze estere vogliono dire la loro, in primis la Siria, poiché quest'ultima guarda agli sviluppi in Libano come ad una questione di vita o di morte.

A torto o a ragione, la Siria sente la necessità di esercitare il proprio potere di veto nella scelta del presidente libanese. Sicuramente giungere ad un accordo fra i partiti e le confessioni religiose non è un compito facile, e richiederà probabilmente ancora del tempo. Il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, ha dato fondo a tutte le sue energie nel tentativo di mediare tra le fazioni libanesi rivali ed i loro sostenitori esterni, finora senza successo.

Queste potenze esterne includono paesi rivali come l'Arabia Saudita e l'Iran, ma anche l'Egitto, la Francia, gli Stati Uniti, e perfino Israele (che opera attraverso gli Stati Uniti). In ogni caso, nel contesto libanese, il più importante di questi attori esterni è la Siria.

Si dice a Damasco che il presidente Bashar al-Assad avrebbe chiesto ad Amr Moussa di recarsi a Riyadh al fine di trasmettere un messaggio di riconciliazione al re Abdallah dell'Arabia Saudita. Secondo alcune fonti, il presidente al-Assad avrebbe anche affermato che non farà un passo senza essersi assicurato in precedenza l'appoggio saudita. Se queste voci fossero confermate, potrebbero essere indice di una distensione nei rapporti interarabi - e dunque della speranza di una soluzione in Libano.

Al-Assad, partecipando al vertice arabo di Riyadh nel marzo del 2007, aveva discusso a lungo con il re Abdallah. Il Libano era stato l'argomento principale allora, così come lo è adesso. Una distensione fra Damasco e Riyadh è assolutamente necessaria, poiché l'attuale freddezza, che rasenta l'ostilità, è uno dei principali impedimenti al raggiungimento di un compromesso libanese.

Il ricordo della guerra civile che sconvolse il Libano e che durò più di 15 anni è ancora vivo nella mente della popolazione, che ha paura di un'altra guerra settaria. Anche la chiesa cattolico-maronita libanese ha chiesto dal canto suo la convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dall'Onu per scongiurare un "bagno di sangue".

Quasi tre anni fa, i Libanesi credevano fosse finalmente giunta l'ora della pace: con il ritiro delle truppe siriane, nell'aprile 2005, il Paese si sbarazzò di una tutela a dir poco invadente, o almeno questo era ciò che si pensava. I suoi dirigenti, apparentemente abbandonate le proprie velleità settarie, si dissero pronti a costruire uno Stato di diritto. La speranza era immensa, tutto era deciso ed i Libanesi credettero che il peggio fosse passato.

Una reale ripresa del Libano non sembrerebbe possibile se non a condizione di una riforma strutturale interna ed una neutralizzazione dei fattori esterni, come l'Iran di Ahmadinejad e la Siria di Assad.


Shorsh Surme, giornalista curdo-iracheno corrispondente, in Italia, della TV satellitare curda


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