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RASSEGNA STAMPA

n. 1529 del 13/06/2008

I 30 CORAZZIERI E I TAGLI DEL QUIRINALE

Evviva: per la prima volta nella storia il Quirinale costerà meno dell'anno prima. Ottocento mila euro, su un bilancio di circa 240 milioni. E c'è chi dirà che si tratta di poco più del 3 per mille. Ma perfino un criticone come il liberal- forzista Raffaele Costa, da anni battagliero sui costi della politica, si è sentito in dovere di concedere che anche se «non pienamente soddisfacenti », le notizie dal Colle sono «un primo passo avanti nella direzione d'una gestione attenta invocata dagli italiani ». Di più: per la prima volta i dati essenziali del bilancio vengono messi online sul sito della presidenza. Certo, mancano i dettagli che caratterizzano ad esempio la totale trasparenza della monarchia inglese, che spiega perfino quante bottiglie ci sono in cantina. Per non dire della precisione con cui vengono elencati i vari compiti dei dipendenti, precisione che ci consente di sapere che la Regina d'Inghilterra ha oggi a Buckingham Palace un totale di 5 centralinisti. La metà di quelli presenti in certe Asl. Ma sarebbe scorretto non riconoscere a Giorgio Napolitano e al segretario generale Donato Marra di avere marcato una svolta rispetto ai tempi in cui i conti, salvo i costi complessivi e lo stipendio del capo dello Stato (lodevolmente bloccato fin dal suo ingresso da Carlo Azeglio Ciampi a 218 mila euro, mai adeguati), erano tutti top secret. Né si può negare una svolta, dopo anni di aumento degli organici dovuto anche alla scelta di rompere un andazzo e contenere i «distacchi» (lo smistamento al Quirinale di dipendenti formalmente a carico di altri pezzi dello Stato), nella riduzione del personale e delle residenze secondarie, la napoletana Villa Rosebery e la tenuta di Castelporziano. Calano a 1.907, con una riduzione di 177 (compresi 30 Corazzieri) le persone a disposizione, tra personale civile e militari di vari corpi addetti alla sicurezza. Un taglio che, sia pure al prezzo di un aumento della spesa pensionistica (che già rappresentava un allarmante 31,4% delle spese generali e sale a un mostruoso 32,3%) consente un risparmio di circa un milione.

Consola infine sapere che Castelporziano, dei 13 milioni di euro che costa, ne recupera 200 mila «a carico dell'Unione europea destinati all'azienda agricola» e altri 300 mila «derivanti dagli allevamenti e produzioni di agricoltura biologica certificata, realizzate peraltro a scopo prevalentemente scientifico e largamente destinate a enti assistenziali ». Meglio che niente. Di più ancora: nonostante il percorso fosse obbligato dalla scelta decisa con Camera e Senato per evitare brutte sorprese da un emendamento alla Finanziaria di Massimo Villone e Cesare Salvi, il nuovo punto di riferimento dell'inflazione e non più del «pil nominale» (la somma dell'aumento del Pil previsto e dell'inflazione programmata, che consentiva agli organi istituzionali di aumentare le spese vantandosi di avere tagliato) comincia a dare frutti. Un risparmio di 3,5 milioni su quanto due anni fa si pensava di spendere nel 2008 non è da buttare. Anzi. Detto questo, tuttavia, occorre altrettanto onestamente aggiungere alcune cose.

La prima è che il peso di decenni di riservatezza, riaffermata ancora l'anno scorso, è tale che nonostante la buona volontà rivendicata dal Colle e nonostante i tempi fossero come mai favorevoli a una rottura netta con il passato (se non ora, quando?) è stata confermata la decisione di offrire solo tracce, importantissime ma tracce, di un bilancio davvero trasparente. Il che impedisce il primo esercizio di una sana democrazia: la possibilità che ogni cittadino dovrebbe avere di fare paragoni. Quanto costa questo in Francia? Quanto costa questo in Germania? Quanto costa questo in Finlandia? Il che, se il Quirinale è certo come è di potere dimostrare di avere buoni motivi per costare il doppio dell'Eliseo, otto volte più della presidenza tedesca e ventisei volte più di quella finlandese, avrebbe spazzato via i dubbi una volta per tutte. È verissimo che, come eccepisce il Colle un po' piccato verso «certa pubblicistica », la comparazione «tra istituzioni di ordinamenti giuridici diversi, per essere corretta e significativa, presuppone l'assoluta omogeneità dei dati che si mettono a confronto». Ma certo, ogni Paese, ogni monarchia, ogni presidenza ha la sua storia. E non occorre essere laureati in belle arti per sapere che il palazzo del Quirinale trabocca di tesori che altri se li sognano e quindi richiede più manutenzione. Ma se questo si può dimo-strare, perché non dare tutti i numeri? D'accordo, è «anche» un museo ed è stato visitato nel 1997 da 64 mila visitatori più 200 mila per le mostre internazionali ma è irrispettoso far notare che il solo Castello di Windsor ha avuto nell'ultimo anno 1.010.000 turisti paganti con un incasso di 2,4 milioni di euro, impiegato per «abbattere i costi di manutenzione» delle residenze reali?

D'accordo: il Colle necessita di più addetti, ma è lecito sottolineare un punto. E cioè che ognuno dei 331 dipendenti a carico della Civil list è costato, nell'ultimo bilancio, 38.237 euro lordi l'anno. Se si calcolano pure i 108 addetti alle residenze reali, il costo pro capite sale a 40.739 euro l'anno. Il costo medio per ogni persona impiegata al Quirinale invece, anche presupponendo che tutta la spesa dei distaccati sia a carico del Colle (non lo sappiamo: il bilancio resta nel vago) è stato invece di 73.256 euro. Quasi il doppio. Per non dire dei dirigenti più in vista. Il più pagato tra gli inglesi è Sir Alan Reid, il Custode del Tesoro della Corona, che nel 2006 ha ricevuto, al cambio attuale, 252 mila euro. Quasi la metà dei segretari generali dei due rami del Parlamento. Meno di uno stenografo del Senato, ai cui stipendi il Colle dice di essersi rapportato fino a ieri. È irrispettoso chiedere quanto guadagnerebbe in Quirinale? Non basta. Concesso che i paragoni siano rischiosi e che certi tagli sia più arduo farli qui da noi, coi nostri sindacati e le nostre regole, che in Inghilterra, una sproporzione notevole resta: l'ultimo bilancio della Royal Crown si vanta, a ragione, d'aver ridotto dal 1992 in qua le spese del 61% in termini reali, al di là dell'inflazione, scendendo da 128.350.000 a 50.100.000 euro. Ammettiamolo: sarà anche vero che la Regina, come ha raccontato il banchiere Mario d'Urso, fa mangiare gli amici stretti coi tovaglioli di carta, ma i suoi tagli si notano un po' di più. (Sergio Rizzo - Gian Antonio Stella)


Corriere della Sera, 10.02.2008


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