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EDITORIALI E COMUNICATI

n. 1578 del 01/08/2008

PROFUGHI E RIFUGIATI: I DANNATI DELLA TERRA

Sono più di 35 milioni di essere umani che percorrono attualmente il nostro pianeta, recando un fardello insopportabile: sono i profughi dei quali chi vive nel benessere facilmente si dimentica.

In questi ultimi 20 anni, precisamente dopo il crollo del muro di Berlino, il disfacimento dell'impero Sovietico e la prima e la seconda guerra del Golfo, molte cose sono peggiorate, basti pensare alla guerra che c'è stata nell'ex Jugoslavia, ai conflitti permanenti in corso sia nel continente nero dalla Somalia al Ruanda, sia in Asia, dalla Cecenia allo Srilanka, e alle repressioni del governo turco e di quello iraniano nei confronti della popolazione curda, oppure alle immigrazioni di massa dei poveri del Sud del Mondo verso i paesi ricchi.

Gli spostamenti in massa di popolazioni si possono dividere in due grandi categorie. Da una parte quelli che sono la diretta conseguenza della violenza dell'Uomo, della sua volontà di dominare, della intolleranza verso i suoi simili. Rientrano in questa importante categoria in particolare gli spostamenti, dei rifugiati, cioè di quegli individui la cui vita o libertà sarebbe in pericolo se fossero costretti a ritornare nel loro Paese di origine. Dall'altra parte ci sono invece gli esodi che sono la conseguenza di calamità naturali, di sottosviluppo, di povertà ma anche di catastrofi ecologiche. In questo caso le popolazioni in fuga non sono costituite da rifugiati in cerca di asilo, ma più semplicemente da essere umani in difficoltà che hanno bisogno di aiuto.

Può sicuramente ammettersi che sia nell'uno che nell'altro caso, la gente è obbligata a lasciare il proprio Paese per una questione di sopravvivenza. Non è sempre facile isolare una causa precisa di fuga dei rifugiati, poiché i motivi che inducono le persone a fuggire sono generalmente molto complessi. L'esodo può avere per causa diretta una persecuzione individuale, un conflitto armato, ma anche una campagna di repressione d'ordine politico, economico, etnico o religioso; minimo comune denominatore è l'assenza o l'inefficacia del sistema di protezione nazionale, a volte responsabile diretto della situazione di crisi.

La grande maggioranza di rifugiati, oggi, non cerca di fuggire da atti di persecuzione individuale, pur tuttavia ancora presenti, ma dalla violenza generalizzata contro la popolazione civile, e dal radicale decadimento delle condizione di vita quotidiane che ne consegue. Nelle economie di quasi sussistenza, i conflitti violenti arrestano la produzione ed impediscono la distribuzione di generi alimentari. Le conseguenze sono spesso drammatiche: carestia ed epidemia sono infatti pericoli ancora più gravi dello stesso conflitto armato, e determinanti per lo spostamento d'intere popolazioni.

Anche cause di ordine ecologico, per cui Paesi sottosviluppati vengono utilizzati come discariche di materie nocive, possono contribuire ad acutizzare la angoscia delle popolazioni. In effetti l'erosione del suolo, la siccità ed altri problemi ambientali, sono comuni, ad esempio, a gran parte del continente africano, continente dove, con il 10% degli abitanti del pianeta, si conta il 30% della popolazione mondiale di rifugiati. In casi estremi, come nel caso del Kurdistan sia nella parte irachena che quella turca o iraniana, la distruzione dell'ambiente naturale (ad esempio la distruzione totale di ottomila villaggi con tutta la loro vegetazione e con la chiusura dei bacini naturali per rifornimento dell'acqua) è stata impiegata, deliberatamente, come arma di guerra contro la popolazione curda.

Tra le varie forme di conflitto esistente, quello etnico è divenuto, negli ultimi anni, la causa principale di fuga dei rifugiati. Naturalmente, pochi Stati moderni sono etnicamente omogenei: esistono infatti, almeno 5mila gruppi etnici diversi, all'interno dei 192 Stati indipendenti che esistono oggi nel mondo, quindi il progetto di una eventuale costituzione di entità statali etnicamente pure, risulta palesemente improponibile. Ciò nonostante, le tensione di tipo etnico si prestano fin troppo facilmente ad essere strumento di talune fazioni, desiderose di estendere la propria influenza.

Il conflitto etnico diviene, poi, probabile quando un solo gruppo detiene le leve del potere e se ne serve per favorire i propri interessi, a detrimento di quelli di altre componenti della popolazione nazionale. Per esempio quello che era successo nell'ex Jugoslavia: la popolazione di origine albanese del Kosovo non ha avuto alcun riconoscimento in una visione ultra-nazionalista di una "Grande Serbia" cristiano-ortodossa. Non sempre, inoltre, i gruppi dominanti hanno avuto il consenso della maggioranza. E' il caso del Sud Africa, dove per anni la pratica dell'apartheid ha escluso la popolazione nera dai diritti di cittadinanza, è un esempio emblematico al riguardo.

Violazioni gravi e massicce dei diritti umani, accompagnate da una flagrante mancanza dello Stato dall'obbligo di difendere i propri cittadini, costituiscono ancora la causa principale di fuga di molti rifugiati; assassinii, detenzioni arbitrarie, torture e sparizioni, infatti, hanno un profondo impatto sulla popolazione ed alimentano la spirale di paura e violenza che spingerà la gente a cercare rifugio presso i paesi vicini.

Garantire il rispetto dei diritti umani quindi, è il migliore modo per eliminare le cause che costringono i rifugiati all'esilio.


Shorsh Surme, giornalista curdo-iracheno corrispondente, in Italia, della TV satellitare curda


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