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n. 1780 del 10/05/2009

L'INCHIESTA AL VELENO!

Non si placa la rabbia delle famiglie che hanno perso i loro cari nella fabbrica del terrore e di chi è ancora vivo è ammalato di tumore. Si parla dell’inchiesta sulla morte dei lavoratori della “Tricom/Galvanica PM” di Tezze sul Brenta in provincia di Vicenza. La fabbrica, ormai dal 2003 non più operante, ha provocato forse uno dei più grandi danni ambientali nel territorio del bassanese e dell’alta padovana.

Il problema principale nasce dall’utilizzo, in detta azienda, del cromo esavalente, del nichel e di altre sostanze tossiche i cui fumi si miscelavano tra di loro. Ora si potrebbe dire che in una ditta di cromature questo è normale. Certo, ma solo se fossero stati rispettati i sistemi di sicurezza e fosse stata tutelata la salute degli operai! Non è accaduto nulla di tutto questo anzi, a dimostrazione del perfetto contrario di quello che è una fabbrica rispettosa delle misure di sicurezza, si produsse un video, all’interno della ditta, mentre gli operai svolgevano il loro lavoro con tutti i pulsanti per gli aspiratori spenti non per volontà degli operai ma semplicemente perché non funzionanti.

Lì si respirava un “cocktail mortale” appunto. Sono morti in dieci. E degli altri malati, con conseguenze anche sui figli, cosa sarà? Aperta l’inchiesta, fatti i dovuti controlli da parte dei tecnici dell’Arpav, della Guardia Forestale dello Stato e dei medici legali, si è concluso che ci sono tutti i presupposti per il rinvio a giudizio di chi si è macchiato di questo crimine silenzioso. Il Tribunale di Bassano del Grappa, titolare dell’inchiesta, per la seconda volta ha chiesto l’archiviazione del caso. L’unica condanna che si è avuta in questo processo è stata quella di Paolo Zampierin, in rappresentanza della Tricom Pm, a due anni e sei mesi inflitta dal Tribunale di Cittadella. Inoltre la cosa sconvolgente è come gli scarichi tossici siano potuti finire nelle falde acquifere che servono il territorio inquinando l’acqua potabile. Insomma, si beve acqua al veleno? Un dramma nel dramma.

Il “Comitato di difesa del diritto alla salute nei luoghi di lavoro e della popolazione di Tezze e Bassano”, si è subito mobilitato per dire “no” all’archiviazione del caso ed avere giustizia. Il posto di lavoro è un diritto per tutti e il lavoratore una risorsa immensa che deve essere tutelata. L’essere umano non è uno schiavo o un rottame che, quando non funziona più, si butta via! In questo caso le responsabilità non sono solo del datore di lavoro ma anche di chi è chiamato ad applicare la legge ed a farla rispettare. Cosa c’è dietro questa nuova richiesta di archiviazione? Quale arcano mistero c’è da proteggere? Forse è meglio tacere perché lo scandalo è troppo grosso e perché troppi sono i morti causati da questa gravissima negligenza?


Maria Andropoli, Ufficio Stampa CITTADINI ATTIVI


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