Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Non si placa la rabbia delle famiglie che hanno perso i loro cari nella fabbrica del terrore e di chi è ancora vivo è ammalato di tumore. Si parla dell’inchiesta sulla morte dei lavoratori della “Tricom/Galvanica PM” di Tezze sul Brenta in provincia di Vicenza. La fabbrica, ormai dal 2003 non più operante, ha provocato forse uno dei più grandi danni ambientali nel territorio del bassanese e dell’alta padovana.
Il problema principale nasce dall’utilizzo, in detta azienda, del cromo esavalente, del nichel e di altre sostanze tossiche i cui fumi si miscelavano tra di loro. Ora si potrebbe dire che in una ditta di cromature questo è normale. Certo, ma solo se fossero stati rispettati i sistemi di sicurezza e fosse stata tutelata la salute degli operai! Non è accaduto nulla di tutto questo anzi, a dimostrazione del perfetto contrario di quello che è una fabbrica rispettosa delle misure di sicurezza, si produsse un video, all’interno della ditta, mentre gli operai svolgevano il loro lavoro con tutti i pulsanti per gli aspiratori spenti non per volontà degli operai ma semplicemente perché non funzionanti.
Lì si respirava un “cocktail mortale” appunto. Sono morti in dieci. E degli altri malati, con conseguenze anche sui figli, cosa sarà? Aperta l’inchiesta, fatti i dovuti controlli da parte dei tecnici dell’Arpav, della Guardia Forestale dello Stato e dei medici legali, si è concluso che ci sono tutti i presupposti per il rinvio a giudizio di chi si è macchiato di questo crimine silenzioso. Il Tribunale di Bassano del Grappa, titolare dell’inchiesta, per la seconda volta ha chiesto l’archiviazione del caso. L’unica condanna che si è avuta in questo processo è stata quella di Paolo Zampierin, in rappresentanza della Tricom Pm, a due anni e sei mesi inflitta dal Tribunale di Cittadella. Inoltre la cosa sconvolgente è come gli scarichi tossici siano potuti finire nelle falde acquifere che servono il territorio inquinando l’acqua potabile. Insomma, si beve acqua al veleno? Un dramma nel dramma.
Il “Comitato di difesa del diritto alla salute nei luoghi di lavoro e della popolazione di Tezze e Bassano”, si è subito mobilitato per dire “no” all’archiviazione del caso ed avere giustizia. Il posto di lavoro è un diritto per tutti e il lavoratore una risorsa immensa che deve essere tutelata. L’essere umano non è uno schiavo o un rottame che, quando non funziona più, si butta via! In questo caso le responsabilità non sono solo del datore di lavoro ma anche di chi è chiamato ad applicare la legge ed a farla rispettare. Cosa c’è dietro questa nuova richiesta di archiviazione? Quale arcano mistero c’è da proteggere? Forse è meglio tacere perché lo scandalo è troppo grosso e perché troppi sono i morti causati da questa gravissima negligenza?
E’ la sicurezza a tenere banco tra gli abitanti del Veneto. Il sondaggio effettuato dal quotidiano il Gazzettino rivela che Padova ha il triste primato, con il 69,8% di voti, come città meno sicura del nord est. Pare che la città opulenta, ricca di arte e cultura, dei salotti bene e del lavoro, non sia più riconosciuta come tale. Troppi gli episodi di violenza perpetrati a danno dei più deboli. I cittadini si sentono insicuri e privi di protezione, lamentano controlli che non ci sono e si ha persino paura di stare nelle piazze (solitamente luogo di ritrovo affollato dai ragazzi).
Eppure non molto tempo fa il ministro Maroni aveva sostenuto che con l’arrivo e il sostegno dato dall’esercito, la situazione era migliorata. Vuol dire che bisogna ricredersi? Se si pensa che comunque la nuova finanziaria ha tolto un milione di euro alle forze dell’ordine e in cinque anni è già previsto il taglio al personale, come si spera di avere la sicurezza di cui c’è bisogno?
E’ pur vero che in Francia il personale di polizia è inferiore al nostro, ma l’insicurezza non è ai livelli dell’Italia. Questo governo dice di voler fare tanto e questo è lodevole, ma i risultati non confermano le buone intenzioni. A Treviso si è pensato alle ronde tra volontari consiglieri e assessori. Così si torna indietro di sessant’anni! Per i più sono gli stranieri, specialmente i clandestini, che determinano questo malcontento.
Comunque non c’è niente per cui gioire. Lo Stato con tutti i suoi interessi privati, e quei conti chissà come mai quadrano sempre, sta lasciando da soli i cittadini e spesso ha contestato le posizioni assunte dai Comuni per far fronte a questo tipo di urgenze. Ma allora qual è il comportamento da assumere? Bisogna difendere la dignità umana o lasciare che ognuno si faccia giustizia con le proprie mani?
Lettera aperta all'Amministrazione del Comune di Padova
Cara Amministrazione, è forte la preoccupazione che ci assale nell'apprendere che episodi di grave criminalità hanno violato la nostra città. Pensiamo, ad esempio, alle due coppie aggredite l'una alle ore 23.30 in via Filiberto, l'altra alle ore 22.00 in piazza Duomo. Due aggressioni compiute dal classico “branco” di 4/5 persone, in stile “Arancia Meccanica”, che hanno leso la dignità di lei, gravemente picchiato lui.
Stupisce l'orario ed il luogo: siamo nel dopocena, in pieno centro storico. Un centro che si sta desertificando sempre più. Sabato scorso ci siamo fermati fino a tardi, in piazza, con un banchetto per segnalare ai cittadini il nostro prossimo convegno. Già poco dopo l'ora di cena non c'era quasi più nessuno. Veniva spontaneo provare un po' di sgomento ed insicurezza. Troppo presto chiudono i locali e la gente rincasa. Perché non incentivarne il prolungamento d'orario così da rivitalizzare le piazze chiedendo ai gestori l'adozione di elementari norme anti-rumore? Peccato che, nel tempo, il numero dei ristoranti/pizzerie, punti di socializzazione ed aggregazione, si sia purtroppo ridotto in centro storico.
Il controllo del territorio è sicuramente elemento deterrente per la criminalità. Tempo fa ci trovavamo in centro a Treviso. Una cosa ci stupì: mediamente, circa ogni 45 minuti, passava, per le piazze, a turno, un'auto civetta tra polizia, carabinieri e vigili urbani. Perché non adottare la stessa misura?
In termini di sicurezza è importante favorire l'afflusso dei cittadini in centro storico: il delinquente predilige le piazze e strade deserte. Perché non prolungare l'orario dei minibus oltre le attuali ore 20 incentivandone l'uso con apposite formule quale, ad esempio, park+bus+bevanda con la bevanda (caffè? prosecchino?) offerta dall'esercente del centro? Perché non attivare un nuovo parcheggio all'ex caserma Prandina inserendo questa fermata nel tragitto minibus?
Con umiltà, spirito costruttivo e collaborativo. Buon lavoro.
L’argomento della sicurezza è uno dei temi più trattati in questi ultimi tempi. Si discute su criminalità, extracomunitari, clandestini e di quali possano essere le scelte più adeguate per arrivare alla soluzione di questo problema che ha assunto dimensioni veramente notevoli e preoccupanti a tal punto che, recentemente, alcuni Sindaci del Nord hanno assicurato, a spese del Comune, i loro concittadini contro furti, rapine e scippi. Così, già da un mese o poco più, a coadiuvare le Forze dell’Ordine è arrivato l’Esercito.
Il Governo ha inviato nelle maggiori città italiane tremila militari a pattugliare strade e piazze. A detta del ministro dell’Interno Maroni i risultati, dopo un mese dall’avvio dell’operazione, sono molto confortanti.
Da sempre sosteniamo che la “percepita” presenza dello Stato, sul territorio, costituisce valido deterrente alla delinquenza oltre al garantire la certezza della pena. Se da una parte quindi è comprensibile il compiacimento con il quale, non solo uomini politici, ma anche semplici cittadini hanno accolto la comparsa dei soldati sulle strade, dall’altra non possiamo noi, per nostra natura e scelta vigili controllori su sprechi e privilegi, non sollevare alcune perplessità di metodo.
E’ provato che in Italia il rapporto tra il numero degli addetti alle forze di sicurezza ed il numero degli abitanti è di gran lunga superiore agli altri paesi europei: 1 addetto ogni 175 abitanti in Italia contro, ad esempio, 1 addetto ogni 400 abitanti in Germania. Siamo perciò convinti che il ricorso al contingente militare potesse benissimo essere evitato attraverso una migliore razionalizzazione ed utilizzazione degli agenti impegnati in funzioni di supporto a quelle operative in senso stretto.
A questo si aggiunga l’impossibilità di conferire ai soldati le medesime attribuzioni di competenza delle forze di polizia, col risultato, quindi, di assistere al lavoro di pattuglie miste di agenti e militari dove, più che provvedere alla sorveglianza del territorio, le forze dell’ordine hanno la preoccupazione di addestrare i soldati controllando altresì che essi non esulino dall’ambito ristretto delle loro competenze. Né è condivisibile che, in un momento così delicato per la sicurezza, si decida di tagliare, dal bilancio della Stato, centinaia di milioni di euro dal fondo destinato alle forze di sicurezza.
Non giova inoltre dare all’Europa l’immagine di un paese militarizzato: non rappresenta una prova di forza ma di debolezza nell’incapacità di saper gestire, nell’ordinario, la propria sicurezza interna. Così si spiega la decisione del neosindaco di Roma, Alemanno, di interdire tassativamente ai militari, il centro storico della città, non meno segnato dall’insicurezza di quanto lo siano le periferie, sottolineando così l’effetto psicologico negativo che una simile presenza porta con sé.
Triste giorno davvero quello nel quale un ministro della difesa possa affermare che sì è disposto l’impiego dell’esercito perchè è quello che chiedono i cittadini. Di questo passo si può intravedere il momento ancora più triste in cui, ragionando con la stessa logica, si potrà giungere a introdurre la pena di morte letteralmente a “furor di popolo”.
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