Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Non si spegne la polemica sul caso De Magistris. Continua a far discutere il suo allontanamento come Sostituto Procuratore della Repubblica al Tribunale di Catanzaro. Il suo torto è stato quello di occuparsi di casi di corruzione nella pubblica amministrazione e rapporti tra criminalità e politica.
L’inchiesta che ha sollevato tanto scalpore è denominata “Why not”, dal nome di una società di lavoro interinale di Lamezia Terme, la cui attività è uno dei filoni dell’indagine. Questa ruota attorno a presunti contatti tra l’imprenditore Antonio Saladino,.ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria e la cosiddetta “Casta”.
Il magistrato scopre che molto probabilmente questa società è finalizzata all’intercettazione di una gran parte dei finanziamenti pubblici erogati dalla Calabria e dall’Unione Europea per servizi, che vanno dalla sorveglianza idraulica alla tutela del patrimonio, gestione di banche dati e altri servizi informatici.
Perché tanta ingerenza del mondo politico in quello della giustizia? Altri indagati sono: Poletti l’attuale capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza, Nicola Adamo il vicepresidente della Regione Calabria, Mario Pirillo (DS) assessore regionale all’agricoltura e forestazione, Antonio Acri consigliere regionale dei DS. Insomma un intreccio interminabile, una lobby politico-affaristica che fa togliere l’inchiesta a De Magistris.
Ma veramente il magistrato ha violato i suoi doveri nella conduzione delle inchieste (comprese anche la Poseidone e la toghe lucane) o aveva scoperto troppo? Forse si, ma non solo questo, voleva solo fare il suo dovere e perseguire la giustizia, indipendentemente da chi fosse il colpevole.
Mostrare il volto onesto della Calabria, di quella Calabria con i suoi onesti cittadini che producono e lavorano a dispetto di tutto e di tutti. Ancora uno schiaffo alla Calabria bistrattata. Ma non è ancora finita. Nonostante la sezione disciplinare del CSM dovrà pronunciarsi l’11 gennaio 2008 sulla richiesta di trasferimento d’ufficio in tutta Italia sono partite petizioni pro De Magistris, gli italiani si sentono tutti vicini al magistrato della vera giustizia che i potenti vogliono fuori dalla Calabria.
Da quando è saltata fuori la notizia, nella Regione Veneto regna il panico. Le ASL, gli ospedali, i medici di base non riescono più a far fronte alle innumerevoli telefonate dei cittadini impauriti e preoccupati. La ragione di tutto questo? E’ lei: la meningite. Questo male che ancora oggi continua a ripresentarsi. Ma non doveva essere una malattia estinta?
In questa settimana sono già stati tre i morti per meningite fulminante, la più pericolosa. Il Ministero della Sanità fa sapere che: “la meningite è in costante diminuzione e che comunque in Italia ogni anno si verificano circa 900 casi di meningite batterica. E’ un’infiammazione delle meningi (le membrane del cervello e del midollo spinale).Circa 1/3 è causato dal meningococco C (come i casi registrati in veneto), 1/3 dallo pneumococco, gli altri casi dal batterio Emofilo ormai controllato dalla vaccinazione specifica fatta ai neonati. Il meningococco - prosegue il ministero - è un frequente abitante della nostra gola, nel 10% dei casi non dà alcun problema e solo in rari casi può diventare aggressivo e sviluppare la malattia. Il contagio avviene da persona a persona con contatti stretti ed in ambienti affollati, ma il batterio non riesce a sopravvivere nell’ambiente (se non per alcuni minuti), negli alimenti o sugli oggetti. I sintomi sono febbre, cefalea, rigidità del collo, nausea, vomito, per arrivare nei casi più gravi a convulsioni e coma. Progredisce rapidamente e se non diagnosticata per tempo, in 24-72 ore si può morire. E’ una malattia infettiva grave ma curabile.
A questo punto ci si chiede :”Se è considerata tale, perché la gente ha paura? Come ci si deve comportare?” Dalle ASL fanno sapere di stare tranquilli perché il focolaio è circoscritto, già, ma questo fino a ieri, visto che proprio oggi è arrivata la notizia del nuovo caso di ricovero all’ospedale di Padova di uno studente universitario residente a Conegliano Veneto. Le condizioni sono gravi ed è in prognosi riservata.
Di fronte a tutto questo è giusto che i cittadini reagiscano con incontrollata paura ed è inutile aspettare e perdere altro tempo, meglio far partire subito le vaccinazioni di massa e non il 27 dicembre come hanno deciso le ASL di Pieve di Soligo, Asolo e Treviso. Si possono capire i tempi tecnici di cui si ha bisogno per organizzare tutto, ma davanti a certe situazioni che già inizialmente presentavano una cetra pericolosità e urgenza bisognava muoversi subito. Il contagio è veloce non lo si può controllare in maniera totale, quante persone dalla sera dell’8 dicembre hanno incontrato altre persone di altre zone, ed ora, con le vacanze di Natale alle porte, gente che parte gente che arriva. Non stanno tranquilli né bambini, né giovani, né adulti.
Il provvedimento riguarderà i giovani dai 15 ai 29 anni di età. E quelli dai trenta in poi? Si tappano in casa? E’ giusto invece che ci si possa vaccinare tutti indistintamente. Anche i luoghi di lavoro potrebbero essere a rischio, non si può sapere che tipo di vita conducono le persone che ci stanno a fianco durante le ore di lavoro. Non bisogna discriminare. Allora, non è questa un’altra contraddizione della stravagante Italia? Pensiamoci su.
Nei secoli scorsi si combatteva per il raggiungimento della libertà e della democrazia, gli eroi di ieri erano i soldati, i partigiani e tutti coloro che si battevano per gli ideali ed i valori della giustizia e della dignità dei popoli.
Ma oggi, chi sono i nuovi eroi?
Purtroppo si chiamano Angelo, Antonio, Bruno, Roberto, solo per citare gli ultimi della lista. Gli operai di tutte le categorie, le morti bianche, le vittime del lavoro, di quel lavoro che dovrebbe essere un diritto di tutti. Quelli che sono certi quando escono di casa per andare a lavorare ma che non sono sicuri del loro rientro, e lo stipendio? Misero! (Con 1300 euro non si vive di sicuro rispetto alla situazione economica attuale). E’ questione di un attimo e la vita va in frantumi, non rimane più nulla, anzi no, qualcosa di molto importante resta, sono le famiglie, mogli, mariti, madri, padri, figli, distrutti da un dolore che non sarà più possibile lenire. Cosa ne sarà di loro? Chi li ripagherà del danno subito, da chi riceveranno aiuto? Forse dai datori di lavoro? Dallo Stato, che non ti darà neanche una pensione perché il lavoratore non ha maturato i contributi necessari o quel poco di reversibilità che non basta neppure per fare la spesa.
La questione della sicurezza nei posti di lavoro dovrebbe essere una prerogativa assoluta per il datore di lavoro a prescindere da altro. Non è concepibile, siamo nel terzo millennio, siamo nella Comunità Europea, abbiamo un progresso ultratecnologico, e si muore lavorando! Le normative ci sono perché non vengono applicate come si deve?
Il governo in tal senso dovrebbe intervenire con delle grosse penali a carico delle aziende usufruendo anche di controlli accuratissimi all’ interno, fatti periodicamente (e no una volta ogni tanto) da organi preposti a questo, ed improvvisamente, così non si permette la messa a norma all’ultimo minuto e far figurare che è tutto a posto. Bisognerebbe intervenire prima per non recriminare quando è già troppo tardi. Non è demagogia, ma visto quello che abbiamo sotto gli occhi……..
Ma non è che forse è troppo costoso mettere in sicurezza i posti di lavoro? Se così è, diciamo solo che: “ La vita umana non vale nulla, è solo un numero di matricola. E tu che rimani vivo non hai più neanche il diritto di piangere i tuoi morti! "
“CITTADINI ATTIVI” condivide ed appoggia il lodevole intento volto ad eliminare la pena di morte
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L’Assemblea Generale dell’Onu ha detto sì alla risoluzione per la moratoria contro la pena di morte. Voti a favore 104, 54 no e 29 astenuti, nonostante le dichiarazioni di voto contrarie di paesi come la Nigeria, Antigua, Barbados, Singapore e conquistando 5 voti in più rispetto alla votazione di novembre. Il Presidente della Repubblica Napolitano dice che siamo di fronte ad un fatto storico.
Condivido pienamente l’iniziativa ed il valore sotteso al risultato ed esprimo grandissima soddisfazione per questa proposta partita appunto dall’ Italia che ne è la promotrice. E’ un successo tutto italiano che spero darà ora l’opportunità di aprire un dibattito in vista di una tanto auspicata prossima abolizione. Tuttavia tutto ciò non deve però rallentare l’attenzione perché sia sempre data la certezza della pena inflitta anche qualora essa non dovesse essere scontata con il carcere, attenendosi in pieno al senso della legalità e rispettando la legge e tutto ciò che essa comporta.
Naturalmente non deve mai assolutamente venir meno il rispetto e la dignità della vita umana che è il bene primario di una persona. Il trattamento previsto deve sempre rimanere improntato sull’umana comprensione. Non si è carne da macello. Il nuovo fronte aperto farà si che si eviti il possibile errore nel giudizio a morte (non dimentichiamoci che non si può rimediare ad una errata condanna a morte e la storia in tal senso insegna). E’ la vittoria di un Paese, l’Italia, che ancora una volta dimostra di essere una delle Nazioni più civili.
Non vivo a Monselice ormai da molti anni, ma nel paese della Rocca sono nato, cresciuto, ho le mie radici, ho dedicato al mio paese una lunga ed appassionante ricerca storica ed una tesi di Laurea sulla Storia della Storiografia monselicense. Apprendo dalla stampa del progetto di costruzione di un ascensore che, sventrando il colle, dovrebbe portare i turisti vicino alla sua sommità, un progetto di 4-5 milioni di € che la Regione impegnerebbe per il manufatto.
Apprendo anche della singolare velocità con la quale si è passati dalla gara d’appalto all’assegnazione ed all’inizio dei lavori: una velocità non riscontrabile in nessun’altra opera pubblica (magari più utile come il passante di Mestre od altri interventi urgenti nel campo della viabilità).
E tutto questo - un’opera che incide nel tessuto monumentale della città - con un costo stratosferico, di cui nessuno o pochissimi hanno mai sentito la necessità, tutto questo senza sentire la volontà dei cittadini, senza promuovere uno straccio di consultazione popolare, tutto questo probabilmente contro la volontà dei cittadini che ora firmano in massa contro il progetto, considerandolo uno scempio ambientale.
E di scempio ambientale e di un’ opera inutile e costosa si tratta, un progetto che priva il luogo del suo fascino che deriva proprio dal fatto di essere rimasto per tanti anni inviolato perché privato ed inaccessibile, dove il tempo si è fermato, ricchissimo di testimonianze archeologiche romane, medievali ed ultimamente, ritrovate quasi intatte, anche dell’età longobarda.
E proprio da queste ultime testimonianze, da quei ruderi di abitazioni trovati vicino alla sommità del colle il visitatore, chiudendo gli occhi, può sentire gli stessi profumi di vegetazione ed immaginare, riaprendoli, di vedere il paesaggio che vedevano quegli antichi guerrieri: luoghi che richiedono il silenzio per meglio apprezzarli, perché solo nel silenzio si colgono i veri significati, le voci del passato, la grandezza ed unicità della Rocca.
Ora si vuole trasformare l’itinerario di pellegrinaggio, le chiesette, la grande ascesa spirituale, il mastio, quasi inaccessibile, estremo elemento di una struttura difensiva, in qualcosa da cogliere subito, meta di un turismo di massa, mordi e fuggi, trasformando ed invertendo l’itinerario, in velocità, dall’alto al basso, sfregiando con l’ascensore le stesse viscere della Rocca.
Io credo che questo sia un progetto inutile e sbagliato, probabilmente dettato più da esigenze speculative, legate agli affari ed agli appalti che alla necessità di tutelare la storia ed il turismo di Monselice.
Io credo che il miglior servizio, la migliore opera che possiamo riservare a questo fantastico bene ambientale, che è la Rocca di Monselice, consista solamente nel garantirne una buona manutenzione, con la pulizia della scalinata, lo sfalcio dell’erba nei terrazzamenti, la cura delle mura lungo la passeggiata delle Sette Chiesette e la pulizia e lo sfalcio dell’erba anche lungo il versante dell’itinerario che scende verso la Chiesa di S. Martino (lasciato incolto e pieno di erbacce con il pensionamento del vecchio custode).
Questi e solo questi sono i veri servizi e le opere di cui i monselicensi e il colle della Rocca hanno veramente bisogno e che si aspettano dall’Ente pubblico.
Caro On. D'Alema, nel suo recente viaggio in Turchia in un'intervista con emittente televisiva turca "Canal D" ha dato il suo appoggio al governo di Erdogan e in conseguenza ai generali Turchi che comandano la Turchia di scegliere l'opzione militare nei confronti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan della Turchia (PKK).
Lei On. D'Alema, nell'intervista - che è stata riportata sia dei giornali Italiani che della TV curde - ha detto testualmente "la Turchia ha il pieno diritto di avviare le limitate operazioni militari già approvate dal Parlamento dando l'assalto ai campi d'addestramento del Pkk e bombardandoli con aerei ed elicotteri".
On. D'Alema, la sua dichiarazione è molto grave, perché da il diritto a un paese come la Turchia, che continua a reprimere i 17 milioni di Curdi che vivono in quello Stato, di continuare con la sua politica sciovinista nei confronti della popolazione curda, e non solo della Turchia, ma anche nei confronti dei Curdi dell'Iraq, che hanno sempre cercato di mantenere buoni rapporti con la Turchia nonostante le continue minacce ricevute.
On. D'Alema, pochi giorni fa i suoi colleghi del Consiglio d'Europa hanno invitato i esponenti curdi della Turchia come l'ex sindaco di Sur, Abdullah Demirbas, e il sindaco di Diyarbakir, Osman Baydemir, che hanno descritto la pressione politica e la persecuzione giudiziaria a cui sindaci e consigli comunali della regione sono stati sottoposti da parte delle autorità.
Ecco, siamo sinceri, non ci aspettavamo questa sua posizione sia come uomo politico di un paese democratico, sia come presidente di un partito di sinistra, ma soprattutto come Ministro degli Esteri d'Italia.
“Verrà l’inverno del nostro scontento…”: bella vero? Passatemi la battuta cari amici, con l’ammissione che non è roba nostra ma esce dal tenebroso “Riccardo III” di Shakespeare.
Ma perché dovremmo essere scontenti dell’inverno che è alle porte? Semplice, perché siamo condotti male, o se volete, amministrati male. Dove? Dall’alto, dal basso, da destra, da sinistra, il malgoverno è democraticamente trasversale e fa cartello, è un’attività autoreferente, chi vi è impegnato sa benissimo di appartenere ad una razza speciale come i gesuiti o gli astronauti e di conseguenza risponde solo a logiche interne al sistema. E ce li teniamo così come sono. Ma qualcosa, o qualcuno si sta muovendo: con un che di clamoroso, alcune settimane fa è sceso in piazza, prima a Bologna e poi facendo tappa proprio qui ad Este Beppe Grillo con il suo verbo “Reset” che fa spettacolo, come qualunque cosa che avvince, ma non è uno spettacolo.
Forte di un blog in rete fra i più visitati d’Europa, Grillo, dopo anni di lamentele contro i potenti, dopo i teatri (niente televisione, fu esiliato dalla RAI per le sue battute al vetriolo sui socialisti e non lo volle neanche la TV commerciale) e dopo gli spettacoli in piazza a denunciare scandali, ha scelto la piazza politica, o meglio dell’antipolitica. L’assunto è semplice: la politica nuoce ai cittadini e questi se ne devono riappropriare. Come dargli torto? Basterebbe ricordare che quattro o cinque regioni d’Italia sono completamente assoggettate alle mafie, situazione che nessun governo dall’Ottocento in poi è mai riuscito non dico a ribaltare, ma almeno rendere meno cruda nonostante parziali vittorie dello Stato.
Grillo spara a palle incatenate sulle storture e le mostruosità di un Paese grande, moderno e progredito, che si vorrebbe perfino democratico ma i cui abitanti oscillano fra l’imbolsimento, la rassegnazione e un oscuro male di vivere. E allora giù “grillate”. Ma già prima del Vaffa-day, gli addetti ai lavori dall’altra parte si sono aggrappati a due etichette che hanno tentato di cucire frettolosamente sulla schiena di Grillo, qualunquista e comico, comico qualunquista per liquidare il problema e per privarlo di credibilità.
Pennivendoli di scarso talento e politici fegatosi non lo hanno perdonato neanche questa volta, facendo finta di non vedere le piazze gremite dalla nausea popolare. Qualunquista? Ma Grillo parla solo di cose sulle quali è documentatissimo (ad Este, i cementifici) e non necessariamente i bond argentini o le tariffe telefoniche. Non è qualunquismo quello del linguaggio politichese che estenua con promesse mai mantenute e rimane per lo più incomprensibile?
Comico? Ma Grillo ha smesso da un pezzo di far ridere, i suoi attacchi sono serissimi e se vogliamo concedere qualcosa al palcoscenico, bé sì, i suoi paradossi e le sue iperboli fanno sogghignare, ma giusto per non piangere; un comico dovrebbe far divertire cioè secondo etimo, far andare di qua e di là, a spasso, magari fra le nuvole. Grillo tiene i piedi per terra e conduce chi lo segue nel dedalo di vicoli bui in cui ogni onore si è perso, dove accade di tutto, dove il potere si accoppia nei modi più imbarazzanti, senza pudore, dove malgoverno fa rima con malaffare. Anche se non pare (eccola, la rima).
Comico, dite?
( da "Celeste", ottobre 2007)
La decisione del parlamento Turco di invadere il territorio del Kurdistan dell'Iraq è una decisione molto grave in quanto viene calpestata la sovranità della regione del Kurdistan che è parte integrante della Repubblica Federale Irachena. Bisogna dire che la Turchia non è nuova a queste iniziative. Dal 1992 ad oggi il governo di Ankara ha oltrepassato per ben 42 volte il confine con il Kurdistan, ma purtroppo questo dato è rimasto sotto il totale silenzio.
I dirigenti Turchi, e in primis i generali, con questo gesto non fanno altro che spaventare la popolazione locale curdo- irachena, ma soprattutto destabilizzano la situazione politica in Kurdistan che rimane l'unica zona sicura in tutto l'Iraq coinvolto sia dalla guerra settaria tra gli Sciiti e i Sunniti sia dal terrorismo internazionale. I membri del PKK girano a 360° gradi tra il confine del Kurdistan dell'Iran, del Kurdistan dell'Iraq e del Kurdistan della Turchia facendo la guerra partigiana. Una guerra imposta dal governo turco da più di ottant'anni a una popolazione di 16 milioni di Curdi che vivono in Turchia.
La costruzione della Turchia moderna, attuata da Mustafa Kemal Ataturk, ha sempre visto nell'esistenza dei Curdi un pericolo gravissimo ed un serio ostacolo alla omogeneizzazione della patria. I Curdi sono stati visti come elemento orientale, quindi reazionario e contrastante con i processo di civilizzazione occidentalizzante.
Del resto in Turchia il nazionalismo è fortissimo: ogni giorno la scuola inizia con l'alza bandiera, l'inno nazionale e con continui richiami alla patria e al dovere di servirla. Ed è severamente vietato anche solo citare la parola Kurdistan. Infatti, in continuazione vengono processati scrittori, intellettuali e giornalisti sia Curdi e Turchi perche osano adoperare la parola Kurdistan nei loro scritti.
Si sperava che con le vittoria dell'AKP, il partito di Erdogan, nelle ultime elezioni in Turchia, si arrivasse ad una soluzione politica alla questione curda in quel Paese. I governi che occupano il Kurdistan non hanno mai cercato di trovare una soluzione politica e pacifica alla questione curda e, al contrario, hanno firmato accordi per reprimere il popolo curdo. Il fatto che ora una parte del grande Kurdistan - quella irachena - abbia trovato la libertà dopo anni di massacri e genocidi, non è mai stato digerito non solo dai governanti di Ankara ma anche dall'Iran e dalla Siria. Il presidente di quest'ultima è volato in Turchia nei giorni scorsi per esprimere il suo appoggio alla decisione turca.
Con questa azione il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan sta sfidando gli Stati Uniti e l'Unione Europea, per la quale il responsabile per la politica estera e di sicurezza della UE Javier Solana aveva messo da parte i toni classici della diplomazia per lanciare un duro monito alla Turchia: "si astenga da ogni incursione militare nel nord dell'Iraq per combattere i ribelli curdi... Ogni possibilità di complicare ancora più la situazione della sicurezza in Iraq non dovrebbe essere accolta positivamente ed è quindi questo il messaggio che mandiamo ai nostri amici turchi".
Non dimentichiamo anche che gli imprenditori stanno guadagnando in questo momento milioni di dollari proprio grazie al governo regionale curdo che sta investendo per la ricostruzione del Kurdistan dell'Iraq e con una simile azione anche loro giustamente possono rivedere la loro posizione nei confronti della Turchia. Per quest'ultima sarebbe un'ingente perdita dal punto di vista economico.
Illustre Signor Presidente,
è davvero con molta tristezza nel cuore che mi accingo a vergare questa lettera, la stesura della quale mi costa davvero molta fatica: diverse settimane ho atteso prima di decidermi a scriverLe, perché combattuto era il mio animo epperò una voce interiore mi diceva che non vi dovevo rinunciare, memore anche di quella frase che ai tempi del liceo mi disse un vecchio preside dall’alta statura morale e che per me è diventata regola di vita: “Amicus Plato, sed magis amica veritas”.
Il gesto che mi accingo a compiere non è frutto di reazione immediata o vuota protesta, ma di ponderata e davvero sofferta riflessione: non potevo esimermi dal compierlo nelle Sue mani in quanto “Capo dello Stato” (Art. 87 della Costituzione) e l’attendere ancora mi avrebbe procurato ancor più sofferenza interiore di quanto da diverso tempo non provi. Oggi in Italia “Tutto è perduto, anche l’onore”: a leggere il libro bellissimo e puntuale di Gian Antonio Stella La Casta, da poco uscito, è davvero aumentata ancor di più la mia indignazione morale già notevole prima. Basterebbe solo un fatto per fare impallidire ogni persona che credesse ancora nella Politica: come vede uso la maiuscola, riferendomi però al passato e pensando a uomini quali Giorgio La Pira o Enrico Berlinguer. Racconta il giornalista che a marzo 2007 “Alla Camera su 629 collaboratori ufficiali quelli regolarmente assunti erano solo 54: tutti gli altri erano pagati in nero.” (pag. 15) Proprio nel “Tempio” laico per eccellenza dove “Ogni membro rappresenta la Nazione” (Art. 67 della Costituzione) e vengono scritte le Leggi, le medesime senza pudore alcuno sono violate: perché penso che Lei sarà d’accordo con me nel ritenere la retribuzione in nero non certo rispettosa della Legge! Ma l’esempio non dovrebbe venire da chi è rivestito di alta funzione e dovrebbe intendere la Politica come servizio verso il prossimo? Scriveva La Pira (certo Lei Signor Presidente è a conoscenza che su di Lui è in corso il processo di Beatificazione: quale abissale distanza con la politica di oggi……) a proposito dell’impegno politico: “La sola metodologia di vittoria è la rinuncia a se stessi, il distacco radicale dalla propria piccola sfera, l’apertura (come conseguenza di questo distacco e di questo taglio) alla sfera mondiale di Dio: gli strumenti che suggerisce l’ambizione, la colpa, la meschinità, sono strumenti radicalmente privi di efficacia politica.” Uno può anche essere non credente, come chi Le scrive, ma queste parole sono di una bellezza e autenticità unica.
Oggi invece la Politica ha abbandonato ogni ideale ed è diventata meschino gioco di potere, intrallazzo: chi ha approvato leggi a proprio uso e chi ha bellamente detto “Siamo padroni di una banca” dimenticandosi totalmente dei poveri che certo padroni di banche non sono!!! Eppure “Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles. Esurientes implevit bonis, et divites dimisit inanes.” recita il Magnificat. Quanto lontane e dimenticate queste parole del grande Berlinguer a Lei certo caro: “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai-Tv, alcuni grandi giornali…” (da La Repubblica, 28 luglio 1981). Sembrano scritte in questi tragici e tristi giorni: e certo quella grande figura presto dimenticata oggi “si rivolterà nella tomba”!!!
Quindi, Illustre Signor Presidente, io non mi sento più nel profondo della mia coscienza di andare a votare: ho iniziato a farlo dalle recenti Amministrative e con questa lettera restituisco a Lei, massima Autorità della Nazione, il mio certificato elettorale, nel contempo riflettendo se non sia anche il caso che mi dimetta da cittadino italiano, tanto è il senso di sconforto, e mi perdoni, ma di vero e proprio schifo che oggi provo per la situazione nella quale è caduta la nostra Patria! Se non avessi ancora il mio amato e anziano padre di certo già sarei emigrato.
Ma allora perché sono morti coloro che hanno lottato nella Resistenza? Io bene spesso leggo le loro lettere: a paragone delle varie dichiarazioni dei politici attuali sono oro rispetto ad ammuffito rame.
Mi perdoni Illustre Signor Presidente se Le ho rubato del tempo: ma forse questa Lei neppure la leggerà, come del resto purtroppo fanno tutti i deputati che pure hanno una casella di posta elettronica….. Giovanni XXIII soleva ripetere: “La cortesia è un ramo della carità”. Ma ovviamente queste grandi figure non interessano a nessuno oggi in questa Italia malata e il loro insegnamento è “Canna sbattuta dal vento”. Sì, Illustre Signor Presidente, io davvero mi vergogno oggi di essere italiano.
Con i più cordiali saluti. Pax et bonum.
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